Hai ormai portato con te
la risposta che non ho mai ricevuto.
E non saprò mai se gli occhi miei hanno visto la luce
perché si è accesa la scintilla dell’Amore
o piuttosto per un goliardico gioco di fine estate.
Certo i tuoi anni non erano più verdi
ma dentro di te era ancora un trionfo di giovanile allegrezza.
Le mie stagioni sono volate nella tua indifferenza
mentre la mia ansia cresceva ad ogni tuo compleanno,
e si allontanava la leggerezza di me sulle tue spalle,
lungo il ritorno notturno da una scampagnata familiare.
I tuoi capelli corvini sotto il mio mento,
le mie braccine strette dalle tue sapienti mani,
e sopra di me morbido velluto nero trapunto di gemme lucenti.
Ma come un nano sopra un gigante
io già vedevo ciò che sfuggiva alla tua vista
allontanandomi da quel cielo condiviso
confinandoci stranieri su pianeti diversi.
Sei tornato ad amarmi nel frutto del mio ventre.
Le onde argentate dei tuoi folti capelli, i solchi profondi sulla tua fronte,
la pesantezza del bastone che ti sosteneva,
non ti hanno impedito di riconoscere l’ignoto di me
rimasto sospeso in un cielo ingrigito da un autunno perenne.
Con la stessa leggerezza di me bambina
hai condotto sulle tue spalle il peso delle nuove sfide
incognite e dubbi e conflitti,
mai stanco di spiegarmi modalità argute di comprensione,
con l’antica saggezza del sapiente calzolaio che
sull’uscio osserva e realizza modelli sempre nuovi
per percorrere le strade della vita.
Ispirandomi costantemente
anche con i tuoi silenzi imbronciati.
Adesso che sei tu a vedere ciò che ancora è impedito alla mia vista
adesso che si fa struggente il desiderio di te,
lo specchio è diventato amico
e mi permette di vederti.
Il frutto del mio ventre mi permette di ritrovarti.
Maria Rita Curcio All rights reserved