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Conformista ipocrita

Creato il 31 luglio 2012 da Renzomazzetti

Marx con la cravatta.

 Alla parete Marx. La cornice è rossa. Accucciato sulle ”Izvestija”, si riscalda un gattino. E di sotto il soffitto schiamazza un canarino scatenato. Marx dalla parete guarda a lungo… e a un tratto spalanca la bocca e si mette a gridare: ”Ha ingarbugliata la rivoluzione l’ordito del filisteismo. Più tremendo di Vrangel’ è il costume borghese. Svelti, torcete il collo ai canarini, perché il comunismo dai canarini non sia sopraffatto!”. Quando l’umanità lavoratrice della rivoluzione si grattava tutta e si contorceva, raschiando via il sudiciume, costoro si costruivano nidi e casette in quella lordura, picchiavano le mogli e giuravano su Babel, riposando e godendo nelle tende dei propri calzoni alla zuava. Dai materassi, innalzando gli stracci dei letti, le cimici salutano levando le zampine. Sfolgora il samovar tutto avvolto di raggi, pronto ad avviticchiarti coi suoi manechi. Con puntini di mosche, le ghirlande dai parati vengono a incoronarti loro stesse. Suonano la fanfara gli angeli-trombettieri, rosei per il bagliore dell’icona. Gesù, togliendosi la corona di spine, si sprofonda in cortesi riverenze. Marx, aggiogato a una cornice rossa, tira l’alzana del filisteismo. Gorgheggiano gli uccelli sulle stecche, i gerani strisciano sin dentro le narici. Ma il philisteus vulgaris è il più terribile. Col suo mimetismo mostruoso egli adesca le vittime, fingendosi ora grillo-versaiuolo, ora uccello cantore di romanze. A quei tempi persino il loro vestito imitava l’aspetto dei volatili: un ampio mantello e una giubba a coda di rondine col pettino inamidato, bianchissimo. Simili uccelli facevano il nido nei palchi dei teatri, si accalcavano sulle querce dell’Opera, al suono dell’Internazionale, negli spettacoli di balletti, si grattavano un piede con l’altro, pendevano dai ramoscelli delle righe, tosavano Tolstoj alla Marx, strepitavano e urlavano in misura nauseante e… scusate per l’espressione, ma questo è un rapporto scientifico, andavan di corpo in quantità che non possono esser considerate piccole sconvenienze di uccelli. (Meditazione su La cimice di Vladimir Majakovskij).

 I   N   N   O   A    L   L   A      B   U   S   T   A   R   E   L   L   A

Eccoci qui, umilmente, a cantare le tue lodi,

bustarella amatissima,

tutti qui, dal sotto portinaio

fino a chi porta galloni dorati.

Tutti quelli che la nostra mano destra

ardiranno fissare con riprovazione

non se lo sognano neppure, i mascalzoni,

come li puniremo per la loro invidia.

E perché più non osi alzarsi il biasimo,

indosseremo uniformi con medaglie,

e, mostrando un persuasivo pugno,

chiederemo: ”E questo lo vedete?”.

A guardare dall’alto c’è da restare a bocca aperta,

con ogni muscolo che freme dalla gioia.

La Russia, dall’alto, è proprio come un orto,

s’inturgida, fiorisce, lussureggia.

E dove mai s’è visto che, se c’è una capra,

alla capra faccia fatica di cacciarsi nell’orto?…

Certo, avessi tempo, vi dimostrerei

chi son le capre e chi gli ortaggi.

E poi non c’è gran che da dimostrare: basta entrare e prendere.

La pianterà alla fine il giornalume.

Tosarli e rasarli bisogna, come montoni.

Ma che, ci si deve vergognare pure a casa propria?

-Vladimir   Majakovskij-

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