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Conseguenze del sacco d’Otranto

Creato il 17 agosto 2010 da Cultura Salentina

di Augusto Benemeglio

Conseguenze del sacco d’Otranto

Turcopolo in carica, acquaforte - acquatinta di Andrea De Simeis

Secondo Michele Gaetani il sacco di Otranto del 1480 incise profondamente sulla civiltà salentina determinando dei cambiamenti irreversibili sugli usi, i costumi e la stessa lingua della Terra d’Otranto. Mai come prima d’allora un avvenimento storico ebbe ripercussioni sociali e culturali così stratificate facendo al contempo regredire, per un senso di autoconservazione, tutta una civiltà, determinando il nascere e lo svilupparsi di società sotterranee. 

Forse avrete capito che stiamo parlando degli ambienti ipogei, che furono riscoperti per l’occasione. Ambienti che erano serviti in epoche remotissime come primo naturale rifugio dell’uomo dalle avversità atmosferiche e ostilità faunistiche, venivano ora riutilizzati per scampare al terrore dell’invasione turca. E questo non accadde solo per le grotte costiere dell’adriatico; interessò, magari in modo diverso e meno violento, tutta l’area jonica gallipolina determinando la costruzione dei caratteristici opifici sotterranei che rispondono a dei canoni fissi di architettura e ingegneristica indiscutibilmente orientale, ivi comprese alcune decorazioni e simbolismi che lasciano intravedere profonde interrelazioni e interscambi d’ordine scientifico e culturale.

Con i frantoi ipogei (l’olio era l’unica fonte di sostentamento per gran parte della popolazione jonico-salentina), tenuto conto del terreno carsico, a Gallipoli si viene a creare una vera e propria società sotterranea autosufficiente che tende a utilizzare tutto ciò che la roccia e l’ambiente ipogeo può offrire. Ed ecco così che all’interno dell’ipogeo si costruiscono ambienti per la cucina e veri e propri forni per la panificazione, a testimonianza di una attività a produzione familiare e della nascita di piccoli nuclei che formano una vera e propria piccola società sotterranea, in cui vivono in perfetta simbiosi con l’uomo, integrati nell’ambiente. Anche gli animali (in particolare i muli e gli asini che azionavano la rudimentale macchina degli oleifici ipogei) venivano seppelliti lì alla fine del loro ciclo vitale, così come buona parte degli esseri umani. Non era infrequente che alcuni di essi, per l’intero corso della loro esistenza, non avessero praticamente conosciuto “la faccia del sole e delle altre stelle del cielo”.

Non so, onestamente, quanto ci possa essere di “storia” nelle riflessioni del Gaetani, comunque il quadro tracciato di un’intera popolazione che vive nei sotterranei esercita una notevole suggestione e un’atmosfera che rimanda un po’ ai racconti fantastici di scrittori come Swift, Poe e, soprattutto, H. George Wells, col suo realismo paradossale che conserva tutta la sua efficacia nonostante la trasandatezza dello stile.

 


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