Sono stato in America. Ho vissuto per una settimana a New York. Rimasi sorpreso, mi immaginavo che NY fosse la culla della modernità, il futuro. E invece la trovai al di sotto delle europee Londra e Parigi. Ma mi piacque. L’atmosfera, le persone, l’aria che si respirava.
L’America in fondo mi piace, e vorrei tornarci per vedere altre città. Però, così come scrissi a quel tempo, c’è qualcosa che non continuo a capire. Qualcosa che è troppo distante dal nostro modo di essere e di vedere le cose. Perché, lo capisco, il dolore per ciò che è successo dopo l’11 settembre è una ferita che non si rimarginerà più. La pagina nera nella storia degli USA, anzi dell’umanità. Ma continuo a non capire. Continuo a rimanere perplesso quando vedo festeggiamenti, gioia, colori, musica. Come se l’uccisione di Bin Laden fosse una grande festa, una nuova Liberazione, la fine del terrorismo. Ammesso che tutto ciò che ci propinano i media e il governo americano sia vero. Amesso.
Ma se anche fosse, non è affatto una Liberazione. E’ solo l’ultimo tassello della tragedia dell’11 settembre. L’ultima pagina di un libro nero, quello che si chiama terrorismo. E che, purtroppo, non è composto da un solo volume.
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