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Considerazioni finali sul quattordicesimo Florence Korea Film Fest

Creato il 20 marzo 2016 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
Florence Korea Film Fest

Si è chiusa venerdì sera al teatro Niccolini, con un suggestivo spettacolo di musiche e danze coreane, la quattordicesima edizione del Florence Korea Film Fest. Nei giorni precedenti la kermesse, l’unica in Italia interamente dedicata al cinema sudcoreano, si era svolta come di consueto al cinema Odeon proponendo in anteprima nazionale 29 lungometraggi e 8 cortometraggi.

Quest’anno il premio del pubblico è andato a Madonna della regista Shin Su-won, che tre anni fa aveva ben figurato al festival con Pluto, il suo lavoro precedente. Il film sì è aggiudicato anche il premio della critica nella sezione Orizzonti con la seguente motivazione: per essere riuscito a raccontare attraverso gli stilemi del cinema mainstream, due storie al femminile intrappolate in una società maschile dove la propria sopravvivenza è legata allo stereotipo di donna sottomessa.  La regista Shin Su-won con potenza visiva e immediata leggibilità, mostra due personaggi paralleli che provano ad imporsi oltre la loro condizione, evidenziando come spesso il ciclo vita-morte dipenda dallo status sociale a cui si appartiene.

Per la sezione Independent è stato premiato Steel Flower di Park Suk-Young: per la capacità – hanno scritto i giurati – di rappresentare attraverso un sguardo tanto crudo quanto poetico la realtà dei nuovi poveri che attanaglia una società sempre più votata all’affermazione personale. Grazie ad un personaggio femminile magistralmente interpretato dalla giovane Jeong Ha-Dam, capace di veicolare in modo “primordiale” le sue emozioni attraverso una disperata fisicità.

La giuria ha inoltre assegnato una menzione speciale al film Right now, wrong then di Hong Sang-soo, già premiato col Pardo d’oro all’ultima edizione del festival di Locarno: capace – si legge nel verdetto – di mantenere la propria cifra autoriale raccontando l’apparente banalità del quotidiano rendendola intensa e ricca di significato. Attraverso un rigoroso lavoro stilistico fatto di un’ipnotica macchina fissa e di un profondo lavoro sugli attori, afferma ancora una volta il suo inconfondibile sguardo sull’ambiguità dei comportamenti umani e, in questa occasione, anche del cinema.

L’edizione del festival di quest’anno ha confermato il buono stato di salute della cinematografia sudcoreana, capace negli ultimi anni di portare in sala duecento milioni di spettatori. Un risultato davvero considerevole in rapporto ad una popolazione di circa cinquanta milioni di abitanti. Per fare un raffronto basti pensare che la Francia, uno dei paesi europei che valorizza al meglio la propria industria cinematografica, registra lo stesso numero di spettatori ma ha una popolazione di oltre 65 milioni di abitanti. In Italia invece, pur potendo contare su una popolazione di circa sessanta milioni di abitanti, da qualche anno si registrano cento milioni di spettatori, appena la metà di quelli sudcoreani e francesi. Oltre a ciò va detto che in Corea del Sud la quota di mercato dei film nazionali rispetto a quella dei titoli stranieri si attesta regolarmente sopra il 50%, un aspetto fondamentale che consente di tutelare e proteggere l’industria cinematografica nazionale.

Oltre ai titoli premiati meritano una doverosa segnalazione The Shameless di Oh Seung-uk e The Throne di Lee Joon-ik, rispettivamente il film di apertura e di chiusura del festival. Il primo, presentato all’ultimo festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, è un bel noir intriso di passioni proibite, tradimenti, inganni e speranze infrante, impreziosito dall’ottima alchimia scaturita da Kim Nam-gil e Jeon Do-yeon, i due interpreti principali. Il secondo, candidato dalla Corea del Sud nella corsa agli Oscar 2016 per il miglior titolo straniero, è un sontuoso e riuscito film storico ambientato nel XVIII secolo incentrato sul rapporto controverso e conflittuale tra il sovrano Yeongjo, interpretato dal grande Song Kang-ho, e suo figlio Sado.

Una piacevole sorpresa è arrivata da Unwanted brother, terzo lungometraggio di Shim Kwang-jin incentrato su rapporto tra due fratelli che alterna con disinvoltura il registro comico a quello drammatico. Il secondo classificato del premio del pubblico è stato Office, opera prima di Hong Won-Chan presentata alle Midnight Screenings di Cannes. Il regista, dopo aver dimostrato con The Chaser e The yellow sea di essere un brillante sceneggiatore, debutta nel lungo con un thriller cruento dalle venature horror ambientato negli spazi asfittici e claustrofobici del settore vendite di una società sudcoreana. Il film, contraddistinto da una tensione alta e costante attraversata da improvvisi squarci d’ironia, rappresenta una critica esplicita al mondo del lavoro caratterizzato da un clima irrespirabile ed esasperante fatto di continue umiliazioni e logorato da una competizione disumana e asfissiante.

L’ospite d’onore di questa edizione del festival è stato Ryoo Seung-wan, uno dei registi di punta della New Wave del cinema coreano, a cui è stata dedicata una retrospettiva completa dei suoi film.

Boris Schumacher



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