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Considerazioni libere (202): a proposito della fine di un ventennio...

Creato il 29 gennaio 2011 da Lucabilli
In Italia ci siamo ormai abituati che al peggio non c'è mai fine e quindi prepariamoci pure a tempi peggiori di questi. Al di là di questa ottimistica premessa, è però difficile immaginare un periodo peggiore di questo: la lettura dei giornali non è esattamente la "preghiera del mattino dell'uomo moderno", come preconizzava Hegel, ma piuttosto un esercizio masochistico, alla Tafazzi, per chi ricorda questo grande personaggio, vero simbolo italiano. La crisi politica del nostro paese può essere analizzata sotto molti punti di vista: per me l'aspetto più drammatico è il fatto che è venuto meno qualsiasi freno istituzionale, al di là - e qui mi ripeto - dell'impegno solitario del presidente Napolitano.
Ho già scritto come la penso: a questo punto l'unica soluzione per tentare di uscire da questa crisi politica è l'uscita di scena - definitiva - di Berlusconi. Visto che lui non si dimetterà né passerà la mano, spero che la natura intervenga prima che la situazione degeneri ulteriormente o che qualche folle pensi che sia arrivato il momento di voltare pagina, costi quel che costi. Le conseguenza di un attentato - vero, non un souvenir sui denti - sarebbero davvero drammatiche e il paese non potrebbe reggerle. La reazione a una malattia che impedisse a Berlusconi di governare sarebbe imprevedibile, ma forse non così devastante. Mi rendo conto che è un discorso assai cinico, ma credo che lo stesso Berlusconi si renda conto che da un regime si esce soltanto in questo modo, non avendo lui mai davvero preventivato uno scenario politico senza di lui.
Al di là di questa riflessione, rimango convinto - come ho scritto nella mia ultima "considerazione" sull'Italia - che la fine di Berlusconi non risolverà in un colpo solo la crisi morale del nostro paese, ma almeno sbloccherebbe una situazione politica che si regge unicamente su una persona. Berlusconi ha fatto moltissimo per essere amato dagli italiani e c'è riuscito, ma contemporaneamente ha fatto sì che tanti lo odiassero. Amore e odio non sono categorie politiche, ma in questi vent'anni di storia italiana lo sono diventati, grazie alla polarizzazione della politica sulla persona Berlusconi e da questo occorre uscire il prima possibile perché la situazione sta degenerando, ora forse più per colpa del fronte antiberlusconi che dello stesso Berlusconi.
Mi rendo conto che queste affermazioni sono molto dure, ma non sono fatte per cercare la provocazione, soprattutto tra quanti dei miei sparuti lettori votano e hanno votato per il centrodestra. Voglio anzi dire che c'è un punto su cui sono d'accordo con loro: in questa ultima vicenda Berlusconi ha ragione a dirsi perseguitato da parte della magistratura. C'è una parte della società italiana, certo minoritaria, fatta di magistrati, giornalisti, intellettuali, quello che una volta si definiva "ceto medio riflessivo", che di fronte al totale fallimento politico del Pd - che tra qualche mese penso porterà i libri in tribunale, senza che nessuno lo rimpianga - e alla debolezza di Fini - che pure aveva suscitato tanta speranza - ha cominciato ad attaccare Berlusconi in maniera scomposta, calpestando le regole. Sinceramente le intercettazioni che vengono presentate ogni giorno sui giornali sembra siano fatte non per verificare se un reato c'è stato, ma per trovare a ogni costo un reato. Ha ragione Berlusconi qando dice che l'obiettivo della procura milanese a questo punto è quello di alzare il massimo possibile della polvere. Chi sperava che lo scorso 14 dicembre il governo Berlusconi fosse sfiduciato, grazie ai voti di Fini, si è convinto che questo ora è l'unico mezzo per mandarlo a casa: si è aperto un verminaio le cui conseguenza non sono più controllabili.
Intendo questo quando dico che è venuto meno ogni freno istituzionale. I magistrati devono fare il loro lavoro e troppo spesso non lo fanno; sbagliano quando fanno indagini "ad orologeria", ma sbagliano anche quando sono troppo vicini al potere: personalmente non mi fa piacere sapere che magistrati partecipino a cene a casa di questo o quel potente. Le istituzioni sono usate per difendersi, che sia la Presidenza del Consiglio o quella della Camera. Uno scranno in parlamento diventa una merce di scambio nel mercato, aperto con orario continuato sette giorni su sette, della politica, come è avvenuto in occasione del voto di fiducia o nell'attuale, attesa, spartizione dei posti di sottogoverno. La crisi istituzionale è ormai conclamata. Ripeto che Berlusconi non è il solo responsabile, ma ne è il maggiore. Ha voluto essere il dominus di questi vent'anni e c'è riuscito, anche grazie alla pochezza degli avversari e dei comprimari. Ora che il sistema fondato su e contro di lui è fallito, deve trarne le conseguenze o accettarne tutte le implicazioni.

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