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Considerazioni libere (212): a proposito di una strana lotta di classe...
Creato il 05 marzo 2011 da LucabilliFatta questa necessaria premessa, credo sia giusto commentare quello che sta avvenendo negli Stati Uniti. Il governatore del Wisconsin, il repubblicano Scott Walker, ha proposto una legge per tagliare i salari ed eliminare i diritti alla contrattazione collettiva dei lavoratori del pubblico impiego. Il primo obiettivo, quello sbandierato nei comunicati e nelle conferenze stampa, è quello di risanare il deficit in uno stato duramente colpito dalla crisi economica. Ma l'obiettivo inconfessabile, benché sia sfuggito allo stesso Walker in un fuori-onda, è quello di completare il disegno di Reagan: indebolire i sindacati del settore pubblico, così come negli anni ottanta è avvenuto con quelli del settore privato. E il governatore Walker sta già trovando emuli in un partito repubblicano che si prepara alla campagna presidenziale del 2012.
Nonostante le proteste dei lavoratori del Wisconsin, in particolare degli insegnati che sono i più tenaci negli scioperi di questi giorni, il progetto va avanti, perché è visto con favore da molti cittadini, da molti lavoratori che subiscono ogni giorno gli effetti della crisi economica mondiale. Chi si è visto, mese dopo mese, diminuire lo stipendio, chi ha perso il lavoro, chi ha visto svanire i propri risparmi nei fallimenti delle grandi banche d'affari, chi non è riuscito a riscattare l'ipoteca sulla propria casa, tutti loro - e sono purtroppo milioni - non sopportano più che ci siano altri lavoratori, per di più pagati con i soldi delle loro tasse, che hanno pagato molto di meno il conto della crisi. E' una particolare forma di lotta di classe, che si combatte completamente all'interno di un'unica classe: una sorta di "guerra civile di classe", se mi permettete l'espressione o una "guerra tra poveri".
Passo dal globale al locale. Alcuni giorni fa noi lavoratori del Comune di Salsomaggiore abbiamo deciso di proclamare lo stato di agitazione, con il blocco degli straordinari., contro la decisione dell'Amministrazione comunale di non prevedere nel bilancio del 2011 la quota prevista per retribuire la realizzazione di determinati progetti oltre l'orario di lavoro. La protesta è poco più che simbolica: non facciamo più gli straordinari, che comunque non ci sarebbero stati pagati. Io ho partecipato all'assemblea e ho votato con convinzione la proposta dello stato di agitazione, anche perché il nocciolo della questione non è soltanto lo stanziamento di questo fondo da destinare a salario supplementare, ma soprattutto il fatto che in queste settimane i sindacati - e quindi i lavoratori - non sono stati coinvolti in una fase di decisioni complesse, che prevedevano necessariamente dei sacrifici, anche dolorosi. Il nostro Comune, come quasi ogni Comune d'Italia, è stato colpito da una serie di tagli e da una politica che, pur professandosi federalista, diventa ogni giorno di più centralista.
Pur riconoscendo giusti i motivi della nostra protesta, faccio un po' fatica a spiegarli agli altri. Ad esempio a mia moglie, che in questi due anni è passata da un lavoro precario all'altro, con salari al limite della decenza e nessun riconoscimento di diritti, con in più il fallimento di una società di veri e propri truffatori - ne ho parlato diffusamente in altre "considerazioni", ad esempio la nr. 26 e la nr. 36, che vi consiglio di leggere - in cui gli unici a pagare sono stati i lavoratori. Faccio fatica a raccontare le nostre rivendicazioni alle tante persone che nella provincia in cui vivo, fino a poco tempo fa ricca di lavoro e opportunità, subiscono la cassa integrazione.
In Italia, come negli Stati Uniti, si registra un continuo attacco contro i dipendenti pubblici. In Italia c'è un ministro che sulla lotta contro i "fannulloni" basa la propria carriera politica. C'è una crescente percentuale di lavoratori che, soffrendo duramente a causa della crisi, pensa che i nostri privilegi siano ingiusti, o almeno ingiustificabili.
Non è mia intenzione difendere i dipendenti pubblici, tout court. So bene che i fannulloni ci sono e il sindacato sbaglia quando difende persone che sono indifendibili. Non è questa neppure la sede per fare una storia del pubblico impiego in Italia, che, specialmente in alcune regioni, ha rappresentato una forma di welfare per tante famiglie. Voglio però difendere la funzione del dipendente pubblico, e credo che su questo si dovrebbe aprire una riflessione seria, specialmente a sinistra, senza appunto nascondersi i problemi che ci sono e su cui bisogna intervenire. Una società ha bisogno di persone che lavorino per la collettività, per gli altri, ha bisogno della scuola pubblica, della sanità pubblica, delle forze dell'ordine, ha perfino bisogno di una burocrazia, che naturalmente deve essere onesta e efficiente. Anni e anni in cui ci è stato insegnato che "lo Stato non è la soluzione, ma il problema" hanno lasciato il segno e pesano nella coscienza collettiva. Lo Stato serve e serve tanto più a chi è più debole, serve di più nei momenti di crisi, serve ai lavoratori, a tutti i lavoratori, pubblici e privati.
Per questo dobbiamo ristabilire un patto tra lavoratori, riuscendo a sconfiggere l'idea che tende a posizionarci su opposte barricate, in una logorante guerra di posizione. A un mio collega che lavora nel settore privato vorrei spiegare che quando lotto per fare meglio il lavoro di dipendente pubblico, lotto anche per lui, rendere efficaci i servizi di cui ha bisogno la sua famiglia. Gli vorrei spiegare che non sto difendendo un privilegio, ma difendo la dignità del mio lavoro e allo stesso tempo difendo l'idea che lo stato è utile, che la pubblica amministrazione serve a tutti. Gli chiederei rispetto, consapevole naturalmente che questo rispetto me lo devo meritare, facendo bene quel lavoro per il quale anche lui, con le sue tasse, mi paga lo stipendio. Spero che sarà possibile continuare a lottare insieme perché, come si dice in latino, simul stabunt simul cadent.
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