Ammetto che sto per scrivere questa "considerazione" sui test Invalsi e sulla protesta che ha suscitato nel mondo della scuola la loro introduzione, senza avere una conoscenza approfondita della materia. Più o meno come la gran parte degli autorevoli commentatori - con poche lodevoli eccezioni - che ne scrivono sui giornali; io almeno ho l'attenuante - di cui mi avvalgo fin d'ora - che queste righe rimangono sostanzialmente clandestine, circoscritte nell'ambito dello stretto numero di lettrici e di lettori, che mi segue con affetto. E di questo affetto abuso, ogni tanto, per scrivere cose un po' meno meditate.
Non ho figli né nipoti e quindi la mia conoscenza della scuola risale a quando l'ho frequentata io, diverso tempo fa. Ho cominciato le elementari nel '76 - l'ultima volta in cui l'anno scolastico è cominciato in tutta Italia il 1 ottobre - e ho dato la maturità nell'89, un anno importante per me e soprattutto per il mondo. Negli anni successivi, per qualche tempo, mi sono occupato di pubblica istruzione, ma applicandomi per lo più all'educazione della prima infanzia, all'integrazione dei bambini portatori di handicap, all'edilizia scolastica, cose di cui deve occuparsi un amministratore comunale. Il mio approccio alla scuola, fatte queste premesse, è, per forza di cose, datato.
Nella mia carriera scolastica ho scritto moltissimi temi, anzi ho scritto soltanto temi, dai resoconti delle gite alle elementari, quelle da cui si tornava immancabilmente "stanchi, ma felici", al tema della maturità, per illustrare luci e ombre dell'età giolittiana. Dall'89 non ho più scritto un tema in vita mia. Eppure ho scritto tanto; ho scritto una tesi, articoli per giornali più o meno locali, relazioni, discorsi, programmi elettorali, perfino una breve storia delle Feste dell'Unità a Bologna. Forse posso dire di essere tornato a scrivere cose più simili ai temi di scolastica memoria da qualche anno, ma preferisco chiamarli, più modernamente, i post del mio blog. Intendiamoci, praticamente tutto quello che ho scritto è assolutamente dimenticabile e sarà dimenticato, ma nondimeno quei testi sono stati parte del mio lavoro, che ho cercato di fare il meglio possibile. Qualcuno ha votato un partito piuttosto che un altro grazie alle cose che ho scritto, qualcuno si è commosso a sentire un mio discorso, qualcuno ha imparato qualcosa che prima non sapeva, insomma le cose che ho scritto hanno raggiunto, più o meno bene, il loro scopo. Io ho imparato a usare la scrittura attraverso l'esercizio di un genere che non ho più usato e mai più userò. So che a scuola adesso per fortuna non si scrivono più soltanto i temi, ma anche articoli, relazioni, saggi brevi; penso che questo sia un bene. La morale di questa storia è che comunque c'è un'utilità anche a studiare cose apparentemente inutili.
Mentre frequentavo la scuola sono sempre stato giudicato attraverso compiti e interrogazioni, mai attraverso un test e sinceramente spero che per chi va a scuola adesso non sia più così. Io - come tutti voi - mi sono ritrovato spesso a dover rispondere a test, a quiz a domande multiple, ad altre prove del genere, per un corcoro o per accedere al mondo del lavoro. Non ero preparato per farlo, perché a scuola non mi sono mai esercitato in questo senso. Trovo quindi poco fondata la polemica secondo cui i test sarebbero uno strumento inadeguato di valutazione perché valorizzano troppo la velocità mentale e troppo poco altre capacità come l'astrazione, l'organizzazione mentale, la sensibilità estetica. E' vero: i test "misurano" alcune cose e infatti devono essere considerati come strumenti di valutazione complementari e non alternativi. Ricordiamoci però che, ci piaccia o no, la ragazza e il ragazzo che esce dalla scuola, spesso per accedere all'università, praticamente sempre per entrare nel mondo del lavoro, deve saper superare dei test e quindi deve essere allenato a risolverli.
Riguardo alla questione specifica, ossia alla protesta di studenti e di insegnanti che, in parte, si sono rifiutati i primi di eseguire i test, i secondi di distribuirli e di correggerli, trovo piuttosto comprensibile il gesto degli studenti che hanno individuato questa forma di protesta come messaggio per criticare un governo che, con ragione, vedono impegnato a smantellare la scuola pubblica italiana. Un po' meno comprensibile è la posizione degli insegnanti, al di là delle questioni prettamente sindacali - di cui non conosco davvero i termini e su cui non intervengo - io credo che gli insegnanti dovrebbero chiedere non l'abolizione dei test Invalsi, ma il loro miglioramento.
Il governo e chi sostiene la validità delle prove Invalsi sbaglia se considera questo come l'unico modo per valutare il sistema scolastico. Così come lo studente deve essere valutato e con i test e con le interrogazioni, i compiti in classe - insomma tutti quegli strumenti "tradizionali" con cui siamo stati valutati noi - anche la scuola nel suo complesso deve essere valutata con un sistema che preveda strumenti diversi, non solo i test Invalsi. Devono esserci degli ispettori formati e selezionati con questo scopo, e deve esserci la possibilità di raccogliere anche i giudizi degli studenti. Su questo purtroppo siamo molto indietro e su questo dovremmo concentrare una forte azione politica.
Poi ci deve essere accordo su quali sono le finalità delle valutazioni, siano i test Invalsi siano altri strumenti. Se tutto si riduce a dare pagelle agli insegnanti, magari mettendone in rilievo le provenienze geografiche, allora non avremo fatto un buon servizio alla scuola. Bisogna invece usare gli strumenti di valutazione - ripeto, tutti gli strumenti di valutazione possibili - per un periodico monitoraggio dei risultati, per garantire agli studenti e alle loro famiglie che le scuole svolgano con efficacia la loro funzione costituzionale, per scoprire dove sono i problemi e individuare le buone pratiche che possono essere prese come modelli.
C'è infine un altro compito che una classe politica che ha veramente a cuore la scuola dovrebbbe porsi: definire cosa devono sapere i ragazzi, al termine della scuola elementare, della scuola media, della scuola superiore. Se non si definiscono questi obiettivi di apprendimento è praticamente impossibile, per quanto siano efficaci i sistemi di valutazione, capire se gli obiettivi sono stati raggiunti o meno. Se ci fosse una classe politica e, più in generale un Paese, che avesse a cuore la scuola...