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Considerazioni libere (252): a proposito di una guerra che sembra non finire...
Creato il 13 ottobre 2011 da LucabilliLa guerra in Afghanistan non è ancora finita e nessuno onestamente sa se e quando finirà. Questo conflitto ha segnato in profondità questi dieci anni, l'inizio del secolo, è qualcosa sui cui in tanti ci siamo interrogati e su cui ci siamo divisi. Per pura curiosità ho guardato quante "considerazioni" ho dedicato alla guerra in questi due anni di blog: sono diverse, tra cui la prima, del 18 settembre 2009.
Dieci anni sono un tempo sufficientemente lungo per fare un bilancio. Secondo le stime ufficiali, incrociando e confrontando i dati delle Nazioni Unite, della Nato, della Croce Rossa e di Human Rights Watch, sono morte almeno 67mila persone: 15mila civili afgani - ma in questo caso il calcolo è molto difficile e probabilmente stimato in difetto, secondo altre organizzazioni indipendenti il numero di morti civili è il doppio - 38mila guerriglieri talebani, 10mila militari afgani, 2.600 soldati Nato e 1.800 contractors. L'agenzia Onu per i rifugiati ha calcolato che i combattimenti hanno provocato solo negli ultimi cinque anni 730mila sfollati, pari a una media di 400 al giorno. Attualmente sono ancora sfollate oltre 350mila persone.
Dal 2001 a oggi le condizioni di vita della popolazione afgana sono peggiorate: la povertà assoluta è salita dal 23 al 36% della popolazione, l'aspettativa di vita è scesa da 46 a 44 anni, la mortalità infantile è aumentata dal 147 al 149‰, il tasso di alfabetizzazione è sceso dal 31 al 28%. Naturalmente nessuno rimpiange il regime dei talebani - in particolare per i modi in cui erano considerate e trattate le donne - ma queste cifre devono farci riflettere. In questi dieci anni la comunità internazionale ha investito in Afghanistan 40 miliardi di dollari di aiuti, ma evidentemente solo una parte infinitesimale è arrivata davvero alla popolazione. Grandissima parte di questi soldi sono finiti a finanziare i governanti di Kabul, il secondo - dopo la Somalia - governo più corretto del mondo, secondo gli indici internazionali, oppure è tornata indietro sotto forma di profitti alle aziende occidentali di sicurezza e consulenza.
L'economia afgana si regge quasi esclusivamente sulla coltivazione dell'oppio e sul traffico di droga. Quando il regime talebano bandì nel 2000 la produzione di oppio erano coltivati a papavero 82mila ettari del paese. Nel 2007 erano saliti a 193mila; oggi sono scesi a 123mila, ma il calo è dovuto esclusivamente a un problema di sovrapproduzione e quindi imposto dalle regole di mercato. Oggi l'Afghanistan esporta direttamente 400 tonnellate l'anno di eroina.
Già questi numeri fanno capire che il bilancio della missione è negativo; certo a Kabul non ci sono più i talebani - e questo è un fatto assolutamente positivo - ma non è stato raggiunto nessuno degli altri obiettivi per cui la comunità internazionale ha giustificato l'intervento militare: il terrorismo non è stato sconfitto - nonostante la morte di bin Laden - ma ha soltanto spostato le proprie basi, specialmente in Pakistan; nel paese non c'è una vera democrazia e si peccherebbe di ottimismo dicendo che è iniziato il processo che porterà a questo tipo di governo; il narcotraffico non è stato sconfitto, ma anzi si è rafforzato. Se la missione Isaf si fosse limitata al suo obiettivo iniziale, ovvero alla stabilizzazione dell'area di Kabul e al supporto per la creazione di un governo transitorio, oggi forse saremmo di fronte a un altro scenario. La Nato ha disperso le sue scarse forze su tutto il territorio afgano ed è diventata un bersaglio senza riuscire a raggiungere nessuno degli obiettivi ambiziosi che si era datai. Gli stessi militari vivono il paradosso di essere andati lì per difendere gli afgani e di ritrovarsi oggi a difendersi dagli afgani. L'impressione è che in questi dieci anni non sia stato affrontato nessuno dei problemi sociali e culturali la cui soluzione avrebbe potuto garantire un futuro davvero diverso all'Afghanistan: non ci sono stati interventi significativi in campo economico, in campo legislativo e soprattutto per quel che riguarda l'istruzione. Qui abbiamo perso la guerra in Afghanistan.
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