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Considerazioni libere (260): a proposito di modelli e di un cambio di punti di vista...

Creato il 27 novembre 2011 da Lucabilli
In questi giorni chi - come me - hanutrito e nutre grandi speranze per quel movimento di popoli che cisiamo abituati a chiamare "primavera araba", guarda conestrema ansia a quello che succede in Siria e in Egitto. Sappiamo chei governi occidentali - per timore delle conseguenze, ma soprattuttoper non spendere altro denaro in questi tempi di crisi - noninterverranno militarmente contro il regime di Assad, come hannofatto in Libia contro Gheddafi, ma la Lega araba e soprattutto laTurchia - che si sta ritagliando un ruolo sempre più definito comearbitro del difficile scacchiere mediorientale – hanno dettochiaramente che il regime deve passare la mano e faranno sentiretutto il loro peso economico e militare. Nel paese intanto sicombatte una violentissima guerra civile, di cui abbiamo scarseinformazioni. Credo che alla fine anche Assad cadrà, ma allo statoattuale è impossibile intuire quale sarà l'esito di questa nuovarivolta araba. L'unica costante che finora abbiamo potuto registrareè quella che non ci sono costanti e in ogni paese la rivolta haavuto un andamento e soprattutto uno sbocco diverso l'uno dall'altro.In Egitto i militari tentano di non cedere il potere, ma l’ondarivoluzionaria partita all’inizio di quest’anno non è piùdisponibile ad accettare una normalizzazione imposta dall'alto;anche qui si combatte e purtroppo ogni giorno dobbiamo contare imorti di questa nuova fase della rivoluzione.
Le vicende di questi ultimi giorni, cheho sintetizzato in maniera davvero troppo sommaria nel precedenteparagrafo, mi spingono a riflettere ancora una volta su quanto siaparadossale la situazione in cui viviamo. Gli egiziani sono scesi inpiazza perché vogliono votare, i siriani vogliono votare, gliyemeniti – ora che finalmente il presidente Saleh ha accettato di "abdicare" – vogliono votare, i tunisini sono andati in massa avotare per eleggere il nuovo parlamento, dopo la rivolta che hacostretto Ben Ali alle dimissioni. Questo succede dall'altra partedel mondo - anche se a pochissimi chilometri dal nostro paese -invece nel "nostro" mondo la situazione è completamentediversa. Gli indignados spagnoli - che sono stati i primi europei ascendere in piazza in maniera così forte e organizzata - pur al difuori di ogni tipo di organizzazione politica e sindacaletradizionale - hanno platealmente e pubblicamente ignorato idibattiti della campagna elettorale, dando un giudizio egualmentenegativo sui due maggiori partiti iberici, e in parte hanno disertatole urne. Gli statunitensi che hanno voluto manifestare la loro rabbiaverso un mondo che considerano profondamente ingiusto non hannomarciato davanti alla Casa Bianca o al Congresso – come avevanofatto invece negli anni Sessanta e Settanta – ma nel cuore di Wallstreet, facendo capire, anche attraverso questa chiarissima sceltasimbolica, che il vero potere non è nelle mani dei politici diWashington, ma in quelle, molto più rapaci, dei banchieri, deglispeculatori, dei grandi uomini d’affari. In Italia credo ci sia unasinistra minoritaria - di cui io mi sento parte - che avverte ildisagio di non sapere cosa votare alle prossime elezioni politiche eche forse non voterà, perché non riesce a riconoscersi nei valori,prima ancora che nelle scelte, della principale forza politica delcentrosinistra. Per i popoli dell'Africasettentrionale e del Medio Oriente la democrazia è l'obiettivoverso cui tendere; dopo decenni di regimi autoritari sono giustamenteconvinti che con questo sistema potranno far rispettare le loroscelte politiche, le loro libertà e i loro diritti. Noi "vecchisinistri", che guardiamo con interesse – e con passione - aquesto movimento, pensiamo – forse con qualche ingenuità, dettatadall’entusiasmo – che insieme alla democrazia arriveràfinalmente per gli arabi anche la modernità, almeno come laintendiamo noi, che non siamo mai guariti del tutto dall'idea delle"magnifiche sorti e progressive". Al contrario per i popolidelle civilissime e antiche democrazie occidentali - ma su questopunto dopo voglio fare una digressione - è sempre meno chiaro chi abbiadavvero il potere; ci sentiamo sempre meno rappresentati dallepersone che abbiamo votato e siamo sempre meno disposti a riconosceredeleghe. Dagli indignados spagnoli ai giovani di tanti paesi europeiche sono scesi in piazza, passando per gli irriducibili di Zuccottipark, molti cittadini hanno la sensazione - spesso fondata - che leloro opinioni non abbiano valore. Il governo greco è caduto perchéil primo ministro aveva proposto di fare un referendum tra icittadini e questo è stato considerato uno sproposito dalle autoritàfinanziarie internazionali, che peraltro nessuno ha mai eletto. InItalia abbiamo un governo imposto da queste stesse autoritàinternazionali, il cui programma deve basarsi su una traccia scrittada due persone, Draghi e Trichet, che nessuno di noi ha mai votato.Sembra ormai prevalente l'opinione che in tempi di crisi le regoledella democrazia possano essere sospese, con i cittadini cherimangono a guardare quello che viene deciso in altre sedi.Giustamente ai nuovi governi chenascono dalle rivolte nei paesi arabi chiediamo di trovare meccanismiistituzionali e politici per bilanciare il rapporto tra stato eautorità religiose. Uno stato teocratico, qualunque sia la religionesu cui si basa, non difende l'uguaglianza dei cittadini davanti allalegge e quindi la religione islamica non deve imporre i suoi dogmi ele sue leggi a istituzioni democraticamente elette, che devono esserelibere di esprimere la volontà della maggioranza, anche quandoquesta va contro i dettami imposti dalla religione. Quando lo scià èstato costretto ad abdicare i democratici di tutto il mondo hannoesultato per la fine di una dittatura molto dura, ma la festa èdurata troppo poco, dal momento che da quella sacrosanta rivolta ènato un regime, il cui apparato repressivo non ha nulla da invidiarea quello precedente. Siamo tutti d'accordo sull'idea che i cittadinidei paesi musulmani dovrebbero liberarsi delle dittature, laiche oreligiose che siano, e che l'unico sbocco possibile, dopo la fine diquesti regimi, debba essere la nascita di un sistema democratico. Maquesta affermazione da sola non basta, dobbiamo farci delle domandesulla democrazia e sui suoi obiettivi. Per far questo però bisogna primacompiere un atto di umiltà, guardando al passato, anche recente, deinostri paesi. Tanti "soloni" europei spiegano ai "poveri"arabi cosa sia la democrazia, dimenticando che nella civilissimaEuropa, nell'Europa occidentale - quella "buona", quelladalla parte "giusta" del Muro di Berlino - ci sono statedue dittature fasciste fino alla metà degli anni Settanta; quando iosono nato - non troppi anni fa - in Spagna c'era Franco e in Greciac'erano i Colonnelli. E non parliamo di quello che succedeva di "là",visto che le dittature comuniste sono crollate nell'89. La democrazia non si accende con uninterruttore - non c'è il tasto on/off come sui computer - lademocrazia è un processo, che può richiedere molti anni.Francamente trovo un po' buffo che un italiano consideri scandaloso e preoccupante chein Tunisia abbia vinto le elezioni un partito islamista moderato,come Ennahda, dimenticando che nel 1948 in questo paese ha vinto leelezioni, le prime dopo una dittatura durata vent'anni e dopo unadurissima guerra civile, un partito cattolico moderato, sostenuto inmaniera determinante dalla chiesa cattolica, un partito peraltro che ha saputo,con saggezza, traghettare una parte consistente dei cittadini cheavevavo sostenuto il vecchio regime nelle nuove istituzionidemocratiche. Era l'Italia delle donne che andavano in chiesa con ilvelo sulla testa, che aveva nel proprio ordinamento il "delittod'onore", e ancora negli anni successivi l'Italia in cuifacevano scandalo le gambe delle Kessler alla televisione. Adesso non c'è piùquell'Italia, fortunatamente - e anche per merito di una parte diquei cattolici moderati - ma ci abbiamo messo alcuni decenni. Undiscorso analogo può essere fatto per gli Stati Uniti. Adesso quelgrande paese è governato da un Presidente dalla pelle nera, ma nel1957 - poco più di cinquant'anni fa - un altro Presidente,Eisenhower, fu costretto a mandare l'esercito federale a Little Rockper scortare nove bambini afroamericani in una scuola che, secondo ilgovernatore dell'Arkansas doveva essere riservata soltanto aibianchi. Fatta questa riflessione preventiva sulmodo in cui noi siamo arrivati alla democrazia, dobbiamo anchechiederci, visto il momento di crisi in cui ora ci troviamo, se siagiusto che i paesi arabi debbano seguire le orme dell’occidente.Negli Stati Uniti e in Europa molte persone pensano di aver perso unaparte dei propri diritti, di godere di minori libertà, di esseregiorno dopo giorno emarginate dai processi decisionali. La crisieconomica ha messo in luce il senso di impotenza dei cittadini, chesi vedono costretti a pagare debiti che non hanno contratto. Chimanifesta oggi negli Stati Uniti e in Europa lamenta prima di tuttoil fatto che la capacità di prendere le decisioni è in mano apersone che non sono state elette e che non sono tenute a rispettarele regole democratiche.Certo né negli Stati Uniti né inEuropa la religione impone le sue leggi allo stato - anche se tentadi farlo; chi rappresenta le chiese agisce come una lobby tra lealtre ed è più o meno efficace, a seconda del paese. In Italia adesempio le gerarchie cattoliche sono una lobby influente e potente,ma nulla di più. Invece le istituzioni economiche, le grandi banche,le corporation impongono le loro decisioni agli stati, come vediamoogni giorno, in cui processo che non né democratico né trasparente.Temo che in questo momento le nostre democrazie, così deboli, nonpossano essere un buon modello per quei popoli che cercano di uscireda dittature che - non dobbiamo mai dimenticare - noi, i nostri governi, abbiamoalimentato e sostenuto. Forse, cambiando finalmente l'otticaeurocentrica con cui siamo abituati a leggere il mondo, potrebberoessere quei paesi a essere modelli per noi. Dobbiamo imparare aguardare oltre i nostri angusti confini e tornare davvero a pensarein un'ottica internazionale - magari immaginando movimenti civiliinternazionali - anche perché il benessere del "nostro" mondo non puòpiù basarsi sullo sfruttamento del "loro" mondo, come è avvenuto finoad ora. O cresciamo insieme o insieme siamo destinati a soccomberesotto le forze della globalizzazione e del capitalismo di rapina cheha già tanto potere.

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