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Considerazioni libere (268): a proposito di speculazioni e speculatori...

Creato il 29 gennaio 2012 da Lucabilli
Immagino abbiate visto anche voi lo spot che queste settimane pubblicizza l'aumento di capitale Unicredit: una ragazza si accorge che il tricolore non sventola come dovrebbe perché un lembo della bandiera è rimasto impigliato all'asta; non indugia, si toglie il berretto, si arrampica sul pennone e, tra la curiosità prima e poi l'approvazione dei passanti – rimasti comunque prudentemente giù – “libera” il tricolore. Il messaggio è chiaro: sottoscrivere l'aumento di capitale della più grande banca italiana è un gesto patriottico, moderna versione dell'antico – e assai più drammatico – “oro alla patria”. Non entro nel merito della decisione degli amministratori della banca di effettuare questa operazione, dettata dalla grave situazione finanziaria in cui si trova l'istituto di credito; faccio soltanto notare che questo aumento di capitale è accompagnato da una drastica riduzione del personale. Saranno infatti 5.200 le persone che perderanno il lavoro dalla fine del 2011 al 2015; evidentemente per le banche e le grandi aziende non vale quello che succede nel calcio, dove se la squadra va male si cambia l'allenatore per non cambiare i giocatori: qui si “cambiano” i lavoratori per non cambiare i vertici.
Ho fatto questa premessa perché Unicredit è una delle banche private che, attraverso le loro operazioni finanziarie, hanno contribuito a far aumentare la fame nel mondo, facendo crescere i prezzi delle commodities alimentari. I lettori più pazienti ricorderanno che ho già parlato di questo tema in una mia “considerazione” di qualche settimana fa – la nr. 264 che vi prego di rileggere – in cui ho descritto alcuni aspetti legati alle speculazioni finanziarie sui prodotti alimentari e all'acquisto di migliaia e migliaia di ettari di terra nei paesi del sud del mondo, quel fenomeno che viene chiamato land grabbing. Torno sul tema perché in questi giorni è stato pubblicato un rapporto intitolato Farming Money. How European banks and private finance profit from food speculation and land grabs, redatto da Friends of the Earth Europe, alla cui realizzazione ha partecipato anche l’italiana Campagna per la riforma della Banca mondiale.
Questo rapporto è importante perché fa nomi e cognomi delle banche e delle società europee impegnate in questi affari. Troppo spesso quando parliamo dei mercati o della crisi internazionale facciamo riferimento in maniera generica a fantomatici “speculatori”, come fossero entità invisibili e segrete, una sorta di Spectre con sede in qualche paradiso fiscale tropicale. Invece sappiamo benissimo chi sono questi “speculatori”: sono le “nostre” banche, quelle in cui abbiamo i conti correnti e che ci concedono i mutui, le compagnie di assicurazioni, i grandi gruppi finanziari. Per l'Italia il rapporto fa riferimento alle attività, oltre che di Unicredit, di Intesa-San Paolo e delle Generali, ossia il gotha della finanza italiana. Naturalmente non manca nessuno dei colossi europei del credito e delle assicurazioni: nel rapporto sono esaminate con scrupolo e dovizia di dati le attività di 29 grandi istituti di credito, tra cui Deutsche Bank, Barclays, Rbs, Allianz, Bnp Paribas, Axa, Hsbc, Credit Agricole; non manca proprio nessuno.
La speculazione finanziaria è la principale causa dell’innalzamento dei prezzi delle commodities alimentari negli ultimi anni: l'indice Fao sui prezzi del cibo è arrivato nel 2011 al massimo di 238, oltre 30 punti in più rispetto al massimo precedente, riscontrato nel 2008. Questi soggetti controllano ormai il 60% del mercato dei cereali, a fronte del 12% di 15 anni fa. Miliardi di euro e di dollari vengono investiti nei mercati delle materie prime, causando improvvise e ingiustificate impennate dei prezzi dei prodotti alimentari, con una ricaduta immediata sui prezzi al consumo; queste oscillazioni dei prezzi rendono sempre più difficile la vita dei coltivatori che non possono più calcolare con un qualche margine di certezza i prezzi dei loro prodotti. Il paradosso, in questi tempi in cui il mondo è dominato dall'ideologia ultraliberista, è che i prezzi delle materie prime non sono più regolati dalla legge della domanda e dell'offerta, che dovrebbe essere la regola aurea del mercato, ma dalle scelte di chi controlla i grandi fondi di investimento. Loro guadagnano con le speculazioni sui fondi, noi consumatori finali e soprattutto i coltivatori siamo quelli che ci rimettono, per non parlare delle conseguenze sull'ambiente e sull'ecosistema, che paghiamo tutti e che pagheranno ancora più caro le prossime generazioni. Il rapporto spiega che queste istituzioni, oltre a essere protagoniste delle speculazioni finanziarie, sono anche direttamente impegnate nell'acquisto di terre. Alcune di questi istituti hanno finanziato direttamente imprese agro-alimentari che hanno acquistato terre con aperte violazioni dei diritti umani delle persone che abitavano e coltivavano quei territori, ad esempio il fondo pensione tedesco Abp in Mozambico, Axa in India e Hsbc in Uganda. Anche Generali ha acquistato grandi quantità di terreni in Romania.
Il rapporto spiega che Unicredit, attraverso Pioneer Investments, colloca sul mercato un fondo hedge specializzato in commodities (Pioneer Funds – Commodities Alpha) con un patrimonio di oltre 600 milioni di euro. Il fondo investe per oltre il 50% in commodities agricole (per il 26,3% in granaglie, per il 17,9% in soft commodities agricole, per il 6,2% in bestiame e per il 3,5% in oli vegetali). Forse qualcuno lo dovrebbe spiegare alla ragazza che fa tanta fatica per raggiungere la cima del pennone.

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