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Non so se si farà una riforma - piccola o grande - del sistema del finanziamento pubblico ai partiti, come adesso tutti invocano. Ci vorrebbe la sfera di cristallo o doti almeno pari a quelle del mago Otelma. Comunque vada questo passaggio lascerà conseguenze, perché i partiti si sono infilati, con un candore che raggiunge l'insensatezza, nella trappola perfetta. Se non faranno la riforma, saranno accusati di continuare a pensare soltanto ai propri interessi e quindi tutti i professionisti dell'antipolitica - da destra a sinistra, da Travaglio agli editorialisti del Corriere - tuoneranno contro di loro e Monti e i "montiani" potranno continuare a fare i salvatori della patria. Se la faranno, dovranno ovviamente limitare al massimo ogni tipo di finanziamento pubblico, per quanto mascherato da rimborso, per affidarsi soltanto ai contributi dei privati, che però non arriveranno, perché i professionisti dell'antipolitica - vedi sopra - hanno già avvelenato i pozzi; poi c'è anche la crisi: figurarsi se gli italiani daranno soldi ai partiti. In conseguenza i partiti saranno sempre più deboli e Monti e i "montiani" potranno continuare a fare i salvatori della patria. Intendiamoci bene; io non voglio difendere questi partiti: faccio perfino fatica a trovarne uno da votare, ma vorrei difendere l'equilibrio istituzionale disegnato un po' di anni fa da persone non perfette, ma assennate, che provarono a scrivere la nostra Costituzione. Come noto, in uno di quegli articoli si parla dei partiti e del ruolo che devono avere. Un ruolo che hanno svolto nella prima parte della storia dell'Italia repubblicana, a volte bene e a volte male - forse più male che bene - ma almeno sono riusciti a garantire il mantenimento della democrazia - in Grecia, ad esempio, non ci sono riusciti - nonostante ci siano state molte forze che hanno cercato di rendere meno democratico il nostro paese. Forse rimpiangeremo - o rimpiangiamo - la Dc e il Pci; credo onestamente che nessuno rimpiangerà mai il Pdl e il Pd, se non gli eletti di questi partiti.
I soldi e i beni di un partito non sono pubblici, ma sono di una comunità circoscritta e definita e ci sono persone che vengono scelte per gestire quei soldi e quei beni. Poi quelle persone possono commettere errori, possono sprecare i beni a loro affidati, possono usarli male: e in molti abbiamo sbagliato facendo quel lavoro - lo so, ho fatto quel lavoro e mi è successo di sbagliare. Ma chi amministra i soldi di una comunità deve avere sempre la consapevolezza che quei soldi non sono suoi e se li usa per sé deve avere la consapevolezza che sta rubando e sapere a chi li sta rubando. Nei partiti come sono diventati non è facile individuare la comunità, anche perché le iscrizioni, quando si fanno ancora, disegnano legami sempre più tenui, quasi inesistenti. Forse mi sbaglio, ma ho l'impressione che questi ultimi lestofanti presi con le mani nella marmellata non siano così consapevoli di rubare a una comunità; sanno di aver fatto un reato ovviamente, ma forse non contro chi. Hanno ragione i militanti della Lega, che hanno fatto volontariato per quel partito, a essere arrabbiati contro chi ha rubato i "loro" soldi: sono loro i primi e unici truffati di questa triste vicenda. Per paradosso, a me non militante leghista potrebbe anche non fregare di come quel partito spende i suoi soldi, anche se vengono dal finanziamento pubblico, perché penso che sia giusto dare un contributo alla vita dei partiti.
In sostanza il problema non è soltanto trovare il modo per rendere più trasparenti i bilanci dei partiti, magari delegando a soggetti esterni la loro certificazione. Si potrebbero chiamare gli esperti di Goldman Sachs che sono stati così bravi a certificare i bilanci della Grecia, ad esempio: di tecnici è pieno il mondo. Il problema è capire che partiti immaginiamo e di conseguenza anche che società immaginiamo. Lo so che adesso uno dei soliti furbetti mi direbbe: "il mondo è cambiato, il Novecento è finito, la rappresentanza degli interessi non ha più senso, non ci possono più essere partiti come quelli del secolo scorso"; io - lo sapete ormai - voglio essere ricordato come "l'ultimo del Novecento" e quindi penso che abbiamo un bisogno disperato di partiti che rappresentino pezzi di società, appunto etimologicamente parti definite di essa e le rappresentino, ne tutelino gli interessi legittimi.
Facciamo un esempio. Non servirebbe un partito che rappresenti i lavoratori? Tra l'altro i lavoratori sono tanti e non sono rappresentati tutti dal sindacato, che comunque fa un altro mestiere. Un artigiano è un lavoratore e non è rappresentato dalla Cgil, un commerciante è un lavoratore e non è rappresentato dalla Cgil. Mi verrebbe da ricordare il Togliatti di "Ceto medio ed Emilia rossa", ma poi direste che sono il solito nostalgico novecentesco e quindi tralascio. Facciamo a capirci: Marchionne fa il suo lavoro, ma non è un lavoratore, infatti non è rappresentato dalla Cgil. Secondo me c'è spazio per un partito che metta al centro il tema del lavoro, consapevole che non può rappresentare tutta la società, ma deve rappresentare una classe, un blocco sociale, un interesse diffuso, come meglio lo volete chiamare.
La Lega ha rappresentato un blocco sociale, che l'abbia fatto bene o male mi interessa poco, almeno per questa riflessione, perché non è il mio blocco sociale. Per me la Lega ha rappresentato sempre altro da quello che io penso ed è sempre stato un avversario, anche quando a sinistra qualcuno occhieggiava a quel movimento. Al di là di questo, francamente non mi fa piacere che stia per crollare l'ultimo partito che, seppur confusamente, faceva questa cosa, aveva questa idea di rappresentanza.
Capisco che il mondo sta andando da tutta un'altra parte.
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