Considerazioni libere (369): a proposito di occupygezi...

Da Lucabilli

Per chi - come me - ha una passione profonda per la cultura e per il pensiero del mondo antico, la Turchia non è un paese lontano, ma uno dei luoghi dove è nata la nostra civiltà. L'ho scritto in una "considerazione" di qualche tempo fa, ma credo sia utile ricordarlo. Il primo filosofo e il primo storico della tradizione occidentale sono due greci, Talete ed Ecateo, nati entrambi a Mileto, le cui rovine sono a cinque chilometri a nord della città turca di Akköy. Uno degli uomini che ha fondato la religione cristiana è un ebreo, cittadino romano, nato nella città di Tarso, nell'attuale provincia turca di Mersin. Uno dei testi più importanti della nostra letteratura è un poema che racconta la storia della guerra per una città, le cui rovine si trovano sulla costa turca. Per queste e per molte altre ragioni io mi sento turco, allo stesso modo per cui mi sento greco: perché sono europeo. E per questo, al di là delle complicate vicende diplomatiche che hanno ora avvicinato ora allontanato quel paese dall'Unione europea, io penso che ne debba far parte, perché fa già parte dell'Europa, pur con caratteri del tutto peculiari. E poi c'è un altro motivo che - credo - dovrebbe spingerci ad auspicare l'ingresso della Turchia nell'Unione, un motivo, questa volta, tutto rivolto al futuro. La Turchia è un paese di prevalente religione islamica e l'Europa deve imparare a riconoscere anche quella religione tra i propri elementi fondanti, perché ormai molti cittadini europei sono musulmani e perché la nostra cultura è da sempre in contatto con la loro, in maniera feconda, anche quando abbiamo combattuto gli uni contro gli altri. Naturalmente proprio perché auspico l'ingresso a pieno titolo della Turchia nell'Unione europea, ho più volte criticato il governo di quel paese, per molte e valide ragioni. Ne cito alcune, richiamando anche le "considerazioni" in cui ne ho parlato: la legge in Turchia non tutela i bambini e infatti ci sono norme che hanno consentito di arrestare, mettere sotto processo e condannare centinaia di minorenni (la nr. 181); tutela ancor meno le bambine, visto che nel 37% dei matrimoni registrati le spose sono minorenni (la nr. 172). Il governo turco utilizza in maniera spregiudicata le risorse naturali: Erdogan ha progettato un sistema di dighe sugli alti corsi del Tigri e dell'Eufrate, che da un lato toglie questa preziosa risorsa ai paesi che stanno a valle di questi storici fiumi, e dall'altro è destinato a distruggere il territorio dei curdi (la nr. 75). Non serviva la repressione violenta contro i manifestanti del Gezi park per farci conoscere il vero volto del primo ministro turco, che per anni è stato considerato dai governi europei un interlocutore affidabile e moderato, uno di cui potersi fidare, ma che non ha mai fatto mistero del proprio stile autoritario di governo e soprattutto di una visione che tende a escludere una parte del paese, in nome del ritorno a una religione tradizionale, chiusa, antimoderna.
Per queste ragioni in questi giorni ho cercato di seguire quello che succedeva in quel paese, ho voluto esprimere la mia solidarietà verso quel popolo resistente, ho condiviso foto e messaggi, ho raccolto in questo blog alcune poesie di autori turchi che, pur non avendo nessuna attinenza con le proteste di questi giorni, mi sembravano descrivere la forza e la passione di quel popolo (le trovate sotto queste due "etichette": Hikmet e Turchia). E voglio continuare a farlo, perché credo che la protesta non sia finita e che quel popolo continuerà a resistere, perché - come ha giustamente detto Martin Schulz: "forse la Turchia è matura per l'Europa, ma non lo è Erdogan"; il popolo di Gezi park è certamente maturo per l'Europa, occorre vedere quanto l'Europa sia matura per quel popolo, come per noi.
E infatti io in questi giorni ho criticato - e critico - duramente il governo del mio paese per il silenzio colpevole con cui ha osservato - e osserva - quello che sta succedendo. Ovviamente non mi aspettavo nulla dalla destra, non solo perché B. è amico personale di Erdogan e testimone di nozze del figlio, ma perché la destra in tutto il mondo reprime le manifestazioni di piazza, più o meno brutalmente. Speravo che qualcuno nel centrosinistra di governo si ricordasse che un tempo era stato internazionalista, ma evidentemente è un ricordo troppo lontano e quindi si sono tutti piegati alla Realpolitik, condannandosi al silenzio e all'ignominia; anche per questo vile silenzio dell'ex-Pd la mia strada non potrà mai più incrociarsi con quella di quel partito. Vergognoso poi è il caso del sedicente ministro degli esteri italiano che da paladina dei diritti umani, da pasionaria del movimento femminile, è diventata fedele cane da guardia dell'ordine costituito.
Noi dobbiamo capire cosa è successo a Istanbul, ad Ankara e nelle altre città turche. Proprio la storia particolare di quel paese, il suo essere ponte tra l'oriente e l'occidente, danno a quelle proteste un carattere particolare, facendole essere allo stesso tempo una delle "primavere arabe" e una protesta sullo stile di OccupyWallstreet, e probabilmente riuscendo a essere qualcosa di nuovo e di totalmente diverso da questi due modelli.
Forse la cosa più importante è che da qualche anno, ormai in maniera regolare, esplodono improvvisi nel mondo dei movimenti giovani e urbani, che all'apparenza non hanno nulla in comune tra loro. Ci sono stati il movimento degli indignati nelle città occidentali, le "primavere" arabe, la protesta degli aceri in Québec, i cortei russi contro i brogli elettorali, oggi ci sono le manifestazioni in Turchia e in Brasile. Le cause scatenanti sono sempre differenti e molto diversi sono il contesto storico, economico, sociale e culturale. La disoccupazione e la povertà dei giovani tunisini ed egiziani non esiste in Turchia. Il Canada è sicuramente un paese democratico, mentre la Russia non lo è. L'economia brasiliana è in una fase espansiva, mentre quelle europee sono ripiegate su se stesse. Eppure questi movimenti si somigliano. Non ci sono leader riconosciuti, anche perché non ci sono riferimenti ideologici chiari. Sono spontanei e nessun partito è stato in grado di parlare con loro; emblematico è il caso degli indignados spagnoli, la cui protesta è stata una delle cause della sconfitta dei socialisti. A protestare sono per lo più i giovani, che ricevono le informazioni e formano parte della propria cultura nella rete; e la rete è uno degli strumenti che è servito a catalizzare la loro protesta, sui social network e attraverso sms e mail. In tutti questi movimenti si è rapidamente passati dalla rete alla piazza, in una concretezza che sembrava svanita negli anni recenti. Forse è una generazione che rappresenta un fenomeno nuovo. La rivoluzione industriale ha contribuito a creare il movimento operaio e oggi le nuove tecnologie forse stanno creando un movimento nuovo, capace di modificare il panorama politico. Probabilmente questa è una mia speranza, la tentazione di essere - per una volta - ottimista, ma penso che la sinistra possa trovare lì, in questi movimenti, una nuova linfa, nuove idee. In Italia, ad esempio, l'ultima "cosa di sinistra" che siamo riusciti a fare è stata la mobilitazione referendaria per l'acqua pubblica, poi qualcuno si è venduto al nemico, altri si sono arresi, moltissimi ci siamo dispersi.
Questi movimenti nascono perché è finito il mondo di prima e non è ancora nato quello dopo. La "guerra fredda" sicuramente è finita e con essa l'equilibrio che ha resistito per quasi mezzo secolo, ma non c'è un nuovo equilibrio internazionale. Anche quello che apparentemente è il vincitore della "guerra fredda" non riesce ad avere il monopolio culturale dell'occidente, e non mi sembra un caso che in fondo i movimenti più vitali di questa protesta nascano proprio fuori da esso, nelle "primavere" prima e adesso in Turchia. Anche la sinistra deve profondamente interrogarsi, lo deve fare il campo socialista o riformista o come lo volete chiamare; c'è un vuoto politico in questo momento e questi movimenti di protesta, seppur confusamente, lo stanno riempiendo. Anche senza rendersene conto. La speranza è che arrivi, a un certo punto, la consapevolezza di questo ruolo, che questa generazione deve assumersi. Mi farebbe piacere se arrivasse dalla Turchia.


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