Magazine Cultura
L’invito di Giuseppe Culicchia di andare al Salone del Libro di Torino a parlare dei libri della mia vita mi ha obbligato a pensare molto, a rimettere insieme ricordi e storie, a intrecciare libri e vissuto. Nell’attingere dal passato più remoto è uscito un libro che non saprei ritrovare, un libro che parlava di Florence Nightingale. Nella mia infanzia c’è stato un momento in cui mi immaginavo di essere, a giorni alterni, “la dama della lampada” e Ivanhoe, due figure eroiche che, in modo diverso, si mettevano al servizio degli altri. Florence Nightingale accompagnava i miei sogni con il passo felpato di chi passa accanto alla sofferenza e cerca di alleviarla. Nella ricerca di ricordi libreschi non è riapparso il libretto antico, ma un bellissimo albo illustrato a firma di Demi, la brava autrice e illustratrice americana capace di mettere in pagina speciali bibliografie dedicate a giovani lettori (dedicata a lei organizzammo la mostra East Not So Far, a Bologna nel 2009). Nel libro, pubblicato dal Henry Holt e Co. nel 2014, Demi ricostruisce la storia della giovane che deve il suo nome al fatto di essere stata concepita a Firenze da una coppia facoltosa, borghese e illuminata. Nelle pagine si susseguono i momenti che portano Florence ad essere in prima linea nell’assistenza ai malati, dagli ambulatori dedicati agli indigenti, agli ospedali da campo della guerra di Crimea.
Florance Nightingale vive nelle figure di Demi, le sue illustrazioni alternano il lusso delle serate danzanti all’essenzialità della corsia, le trine degli abiti sontuosi al rigore della divisa infermieristica. E accanto all’imperdibile albo illustrato, che mi piacerebbe vedere tradotto in italiano, c’è lo straordinario romanzo Ivanhoe di Sir Walter Scott dato alle stampe nel 1819, che narra di vicende storiche che interessarono l’Inghilterra alla fine del 1100. Ivanhoe è nobile, acceso patriota, valoroso guerriero, innamorato fedele. Nel romanzo si intrecciano le sorti di re Riccardo, si incontra il leggendario Robin Hood, si salvano fanciulle destinate al rogo. Essere Ivanhoe, nei miei giochi di bambina, mi faceva sentire invincibile. Qualcuno sottolineava che il mio correre, con improvvisate spade tra le mani, fosse poco adatto ad una bambina degli anni ’60, ma io ero felice. Felice che qualcuno mi avesse fatto scoprire quel libro, vero romanzo di formazione, che ho ripreso in mano in questi giorni nell’edizione Garzanti, con la bella introduzione di Enrico Groppali. Da leggere.
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