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Consigli per i manifestanti

Creato il 09 ottobre 2011 da Marco4pres

Ho voluto tradurre una lettera aperta -diffusa anche come volantino- diretta ai manifestanti impegnati nelle varie occupazioni che stanno avvenendo negli Stati Uniti per protestare contro l’iniquità sociale. La lettera tratta alcuni punti emersi finora nelle dimostrazioni, e prende spunto dagli errori commessi in passato in situazioni simili per offrire una serie di consigli per tutti coloro che vogliono cercare di cambiare le cose. Grazie.

-m4p-

Cari Occupanti

Una lettera dagli anarchici

Sostegno e solidarietà! Siamo ispirati dagli occupanti di Wall Street e delle altre parti del paese. Finalmente le persone hanno ricominciato a prendersi le strade! Lo slancio di queste azioni ha il potenziale di rinvigorire le proteste e la resistenza in questa nazione. Speriamo che questi occupanti aumentino sia in numero che in sostanza, e faremo del nostro meglio per contribuire in tal senso.

Perché dovreste ascoltarci? In breve, perché ci siamo già passati per lungo tempo. abbiamo passato decenni lottando contro il capitalismo, organizzando occupazioni e prendendo decisioni tramite consenso. Se il nuovo movimento non imparerà dagli sbagli di chi l’ha preceduto, corriamo il rischio di ripeterli. Qui abbiamo riassunto alcune di quelle lezioni che abbiamo imparato duramente.

Le occupazioni non sono una novità. La nostra terra è già un territorio occupato. Gli Stati Uniti furono fondati sullo sterminio delle popolazioni indigene e la colonizzazione della loro terra, per non parlare dei secoli di schiavitù e sfruttamento. Affinché una contro-occupazione abbia significato, deve iniziare dalla sua storia. Meglio ancora, deve abbracciare la storia della resistenza a partire dalla difesa degli indigeni e le rivolte degli schiavi attraverso i vari movimenti dei lavoratori e dei pacifisti fino a quello recente anti-globalizzazione.

Il “99%” non è un’unica realtà sociale, ma molte. Alcuni occupanti hanno mostrato una realtà in cui il “99%” è massa omogenea. Le facce che dovrebbero rappresentare la “gente ordinaria” ricalcano spesso quelle del ceto medio bianco e rispettoso della legge che siamo abituati a vedere nei programmi televisivi, anche se certe persone fanno parte di una minoranza del totale.

Mascherare le nostre diversità è un errore. Non tutti si stanno opponendo alle ingiustizie del capitalismo per la prima volta, ormai; alcuni popoli sono stati presi di mira dalle strutture del potere per anni o per generazioni. I borghesi che solo ora stanno perdendo la loro posizione sociale hanno tanto da imparare da coloro che hanno subìto queste ingiustizie per molto più tempo.

Il problema non sono solo alcune “mele marce”. La crisi non è il risultato dell’egoismo di pochi banchieri; è l’inevitabile conseguenza di un sistema economico che premia la competizione spietata ad ogni livello della società. Il capitalismo non è uno stile di vita statico ma un processo dinamico che consuma tutto, trasformando il mondo in profitto e rottami. Ora che tutto è stato gettato nel fuoco, il sistema sta collassando, lasciando al freddo anche i suoi beneficiari precedenti. La risposta non è tornare indietro a stati precedenti di capitalismo—tornare al gold standard, per esempio; non solo è impossibile, ma neanche a quelle condizioni il “99%” otteneva benefici. Per uscire da questo caos, dovremo riscoprire altri modi di relazionarci con gli altri e col mondo attorno a noi.

Non ci si può fidare della Polizia. Potranno essere “comuni lavoratori”, ma il loro lavoro è proteggere gli interessi di chi comanda. Fintanto che rimangono arruolati nelle forze dell’ordine non ci si può fidare, per quanto possano comportarsi amichevolmente. Gli occupanti che ancora non lo sanno lo scopriranno in prima persona non appena minacceranno la disparità di ricchezza e potere su cui si basa la nostra società. Chiunque insista che la polizia esista per proteggere e servire la gente comune probabilmente ha vissuto una vita privilegiata e/od obbediente.

Non si deve idolatrare l’obbedienza alla legge. Le leggi servono per proteggere i privilegi di ricchi e potenti; obbedire non è per forza giusto moralmente—potrebbe anche essere immorale. La schiavitù era legale. Anche i nazisti avevano leggi. Dobbiamo sviluppare la forza coscienziosa di fare ciò che sappiamo essere migliore, senza curarci delle leggi.

Per avere una pluralità di partecipanti, un movimento deve avere una pluralità di tattiche. Pensare di sapere come ognuno debba agire nella ricerca di un mondo migliore è presuntuoso e fautore di controllo. Denunciare gli altri è un pretesto per le autorità per delegittimare, dividere e distruggere il movimento nella sua totalità. Critica e dibattito spingono avanti un movimento, ma le prese di potere l’azzoppano. Lo scopo non dovrebbe essere quello di obbligare gli altri ad adottare un set di tattiche, ma quello di scoprire come approcci differenti possano portare benefici reciproci.

Non bisogna dare per scontato che chi infrange lo legge o affronta le forze dell’ordine siano agenti infiltrati. Molte persone hanno una valida ragione per essere arrabbiate. Non tutti si sono rassegnati al pacifismo legalistico; alcuni ricordano ancora come battersi per sé stessi. La polizia non usa la violenza per provocarci, ma per ferirci e spaventarci in modo da scoraggiarci dall’agire. In questo contesto, difendersi è essenziale.

Dare per scontato che quelli davanti a tutti negli scontri con le autorità siano in qualche modo in comunella con loro non è solo illogico—scredita lo spirito necessario per sfidare lo status quo, e fa svanire il coraggio di quelli che sono pronti a farlo. Quest’asserzione è tipica delle persone privilegiate a cui è stato insegnato a fidarsi delle autorità e a temere chiunque disobbedisca.

Nessun governo—sarebbe a dire, nessun potere centralizzato—anteporrà mai volontariamente i bisogni della gente comune a quelli dei potenti. È ingenuo sperarlo. La nostra libertà e la nostra autonomia, sorrette dall’aiuto reciproco, devono essere il centro di gravità di questo movimento—non il desiderio di un potere centralizzato “responsabile”. Non è mai esistito niente del genere; anche nel 1789 i rivoluzionari presiedettero una “democrazia” che aveva gli schiavi, per non menzionare ricchi e poveri.

Questo significa che la cosa importante non è fare richieste a chi comanda, ma costruire il potere di realizzarle da soli. Se ci riuscissimo, i potenti dovranno prenderle in considerazione, anche solo per provare a mantenere la nostra attenzione e la nostra fedeltà. Si diviene influenti sviluppando una forza propria.

Allo stesso modo, infiniti movimenti del passato hanno imparato sulla propria pelle che stabilire una burocrazia propria, per quanto “democratica”, abbia solamente scalzato le loro mete originarie. Non dovremmo istituire nuovi leader, e nemmeno strutture decisionali; dovremmo trovare modi di difendere ed estendere la nostra libertà, abolendo contemporaneamente le disuguaglianze che ci sono state imposte.

Le occupazioni fioriranno dalle nostre azioni. Non siamo qui solo per “dire la verità ai potenti”—quando ci limitiamo a parlare, loro si limitano a fare orecchie da mercante. Diamo spazio a iniziative autonome e organizziamo azioni dirette che affrontino la fonte delle ineguaglianze sociali e delle ingiustizie.

Grazie per aver letto e organizzato e agito. Che tutti i vostri sogni possano realizzarsi.

Consigli per i manifestanti

Fonte: Dear Occupiers: A Letter from Anarchists | CrimethInc. Ex-Workers ‘ Collective
Traduzione di m4p


Filed under: Parole Altrui Tagged: Anarchia, Dimostrazioni, Occupy Wall Street

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