Consumatori multicanale: come instaurare un dialogo? | Aziende Collaborative

Da Alesantambrogio @alesanta

La trasformazione in atto nei consumatori e nelle loro abitudini di acquisto ha subito, nel corso del 2012, una notevole accelerazione su molti fronti.

La multicanalità innanzitutto: il 2012 è stato l’anno del sorpasso dei consumatori coinvolti rispetto a quelli tradizionali, come testimoniato dalla quinta edizione del Rapporto dell’Osservatorio Multicanalità, avviato nel 2007 dal Politecnico di Milano in collaborazione con Nielsen e Connexia.

L’area occupata dai cluster Reloaded e Open Minded, ovvero da quei consumatori che hanno una maggiore propensione verso i canali innovativi – in particolare quelli digitali – e che sono profondamente coinvolti nel processo di acquisto in termini di interazione con l’azienda, ricerche, confronti, suggerimenti, recensioni e altro è arrivata al 53 % dei consumatori, per un totale di 28 milioni di individui. La multicanalità è quindi diventata grande ed è ormai un fenomeno di massa.

Un risultato conseguito anche grazie a un altro importante sorpasso: quello operato dagli smartphone sui cellulari tradizionali. L’Italia è sempre più mobile e connessa, grazie anche a una copertura della banda larga tra le maggiori nel mondo occidentale. Questo salto ha trascinato con se’ il mercato pubblicitario mobile, ma anche la consapevolezza crescente delle aziende dell’importanza di questo canale con la crescita delle app disponibili, dei siti ottimizzati, dell’e-commerce.

Ma non si è trattato solo un salto economico, bensì anche culturale. La Social TV è ormai diventata un fenomeno diffuso (l’ultimo Festival di Sanremo con la Green Room dedicata alle interviste “social” e un picco di 85.000 tweet nella serata finale è stato sicuramente un punto di svolta) e i consumatori saltellano sempre più da uno schermo all’altro nella loro quotidiana ricerca di informazioni, prezzi e offerte.

L’esperienza di marca e prodotto, così come l’acquisto, diventano sempre più un flusso integrato di informazioni in cui i dispositivi mobili (tablet e smartphone) divengono il collante tra momenti che una volta erano rigidamente separati: la visione di uno spot in televisione poteva portare a un atto di acquisto a distanza di giorni all’interno del negozio preferito. Oggi, invece, è la contemporaneità a regnare sempre più sovrana: uno spot, o una notizia vista in televisione – ma potrebbe anche essere un articolo esposto in una vetrina – sollecita la curiosità del consumatore che, dal tablet appoggiato sul divano, entra in Internet, trova le informazioni, compara prezzi e, se soddisfatto dai risultati, conclude l’acquisto sul sito di e-commerce.

Le esperienze non sono più separate, ma inserite in un continuum in cui reale e digitale si scambiano continuamente e si contendono l’attenzione del consumatore, in modi a volte inattesi. Non è raro che un cliente veda un prodotto in un negozio, lo tocchi, lo provi e poi, una volta deciso l’acquisto, estragga lo smartphone, vada su Internet e trovi un sito di e-commerce in cui comprarlo a un prezzo più conveniente.

Con questa evoluzione delle abitudini, che in futuro sarà sempre più spinta, appare evidente come una struttura organizzativa rigida e a silos verticali sia sempre più inadatta a rispondere alle sfide future. Cosa c’entra il retail design con la content strategy? Devo avere il wi-fi gratuito nel punto vendita? E’ utile che la messa in onda del nuovo spot e il lancio della versione mobile del sito siano contemporanei? Il visual merchandising deve essere collegato al QR code che applico sulla vetrina? La Ricerca&Sviluppo ha qualche attinenza con la pagina Facebook?

Se avete risposto No a tutte le domande siete probabilmente avviati sulla via dell’estinzione. Se invece avete risposto Si almeno a qualcuna delle domande allora avete la consapevolezza dell’evoluzione del mercato. Ma come rispondere e come catturare l’attenzione di un consumatore sempre più mobile in uno scenario sempre più frammentato?

Occorre ripensare la struttura organizzativa aziendale e il modello di business sulla base di alcuni criteri fondamentali:

1) Ampliare il perimetro di azione: l’accessibilità al prodotto non è più solo una questione di distribuzione fisica o sul sito di e-commerce. Diventa una modalità pervasiva che deve presidiare molteplici canali propri e di terze parti (comparatori di prezzo, siti di recensioni, ecc) in modo integrato. Anche l’e-commerce sta già uscendo dai confini dei siti per diventare un fatto diffuso attraverso il Social Shopping o la Social Affiliation. La Rete Commerciale, quindi, si amplia ben al di la degli agenti e dei negozianti e coinvolgerà sempre più direttamente gli utenti. Servono quindi nuove strategie di ingaggio, monitoraggio e dialogo.

2) Superare l’approccio lineare: il consumatore non segue più percorsi lineari ma sempre più frammentati. raccoglie informazioni, indizi, li assembla, li verifica, propone suggerimenti, effettua confronti. Si muove all’interno di flussi – e riflussi – di informazioni. Una mobilità che l’azienda deve riuscire a cavalcare attraverso un approccio corale e interattivo al suo interno: sempre più una strategia commerciale non potrà prescindere dalla Social Strategy, il Retail Design dovrà prevedere le modalità di veicolare adeguatamente al consumatore la content strategy e la Ricerca&Sviluppo non potrà più essere insensibile alle analisi di sentiment sulla rete, persino la Formazione non potrà prescindere dall’insegnare le regole base dei Social Media e della Netiquette ai dipendenti, primi ambassador del marchio.

3) Mettere l’uomo al centro. Non solo il consumatore, ma anche i collaboratori. Partecipazione, co-creazione, engagement, crescita, vantaggi reciproci sono concetti che valgono all’esterno come all’interno dell’organizzazione. Ripensare la catena del valore e individuare i punti in cui la collaborazione può fornire vantaggi competitivi diviene sempre più importante.

Ridefinire i confini aziendali, creare network con consumatori, fornitori, stakeholder, dipendenti, consulenti, partner e incanalare l’intelligenza collettiva verso la creazione di innovazione sarà sempre più importante per creare vantaggi competitivi duraturi. Brand e prodotti, in fondo, sono creati da persone per altre persone.

4) Sviluppare la tecnologia e gestire le relazioni. Troppo spesso ci si dimentica che la tecnologia è un mezzo, un fattore abilitante e non il fine. La tecnologia sarà sempre più pervasiva e impatterà in modo sempre più rilevante sul business aziendale (il caso P&G ne è una dimostrazione). Ma è solo il primo passo. Costruire e mantenere relazioni non significa solo costruire un database o utilizzare una piattaforma di Social Networking. E’ un lavoro di persone che interagiscono con altre persone. E’ creazione di contenuti di interesse. E’ dialogo costante. E questo richiede investimenti in persone e in realizzazione di contenuti, cosa a cui le aziende italiane sembrano ancora refrattarie. La gestione delle tecnologie deve quindi uscire dalle sole stanze dell’IT e pervadere l’intera organizzazione.

5) Coordinare e Integrare. Le attività aziendali saranno sempre più interdisciplinari e interdipartimentali. Un’iniziativa di crowdsourcing per raccogliere idee su nuovi prodotti andrà catalogata sotto la voce “Comunicazione”, “Web Marketing”, “Ricerca&Sviluppo” o “CRM”? L’approccio integrato richiede una mentalità più flessibile anche nell’allocazione e utilizzo delle risorse, soprattutto finanziarie, territorio personale e superdifeso di ogni direzione aziendale. La vera integrazione delle funzioni – e il salto di mentalità – si misura attorno al tavolo in cui vengono prese queste decisioni.

6) Misurare. Quali canali garantiscono ritorni? Quali politiche di pricing sono più corrette a seconda del canale? quale livello di engagement ottengo? quali ritorni dalla relazione? quali servizi fidelizzano maggiormente i consumatori? Definire le metriche più rilevanti, monitorarle, distribuire i risultati rilevanti a chi ne ha bisogno, trarne indicazioni da applicare a tutti i livelli, focalizzarsi sulle attività critiche. Queste sono le sfide più rilevanti anche perché ogni metrica può assumere significati e importanza diversa a seconda della funzione aziendale.

Qual è, quindi, la sfida che attende le aziende? Rimodellare l’organizzazione e il suo modo di pensare e di agire su un consumatore che, in soli 5 anni (o meglio, 3) ha profondamente cambiato l’approccio all’acquisto, il rapporto con la tecnologia e, in ultima analisi, con il brand e i prodotti. C’è bisogno di più dialogo e interazione (non è un caso che le branded community stiano tornando a crescere e che producano interazioni più intense che sulle pagine dei Social Network) all’esterno, ma anche all’interno dell’azienda. Il risultato? Maggiore competitività, maggiori fatturati, maggiori risparmi e più valore per l’azienda e i consumatori.

   Alessandro Santambrogio - Liquid


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