Magazine Cultura
Un virus letale comincia rapidamente a diffondersi tra la popolazione mondiale. Il Dr. Ellis Cheever è a capo di un team di scienziati che cercherà di contenere la terribile epidemia...
Dopo i vari "Ocean's Eleven" (2001), "Ocean's Twelve" (2004), "Ocean's Thirteen" (2007), e "Traffic", vincitore di ben 4 Oscar nel 2001, Steven Soderbergh si cimenta con il genere apocalittico-virale, cimento dal quale esce vincitore, lasciandoci tuttavia a mio avviso qualche penna che non ci fa certo gridare al capolavoro. Il film è ben costruito, e sa muoversi su vari piani di sottotesto: la denuncia del potere paranoideo dei media, di internet in particolare; l'etica scientifica; l'insipienza della politica; la "banalità del male" insito nella natura; l'ananke che sovrasta il capo di tutti noi, mai e poi mai padroni del nostro destino; la precarietà della Vita. Tutti gli attori rifulgono poi di luce propria, senza che si tolgano luminosità gli uni con gli altri. Gwynet Paltrow regge praticamente le sorti di tutto il film, e della sua originale costruzione narrativa à rebours. Matt Damon, pur non convincendoci nella sua parte di vedovo che non versa una lacrima, è pur sempre solido nella sua parte di "fortunato" portatore sano del virus. Laurence Fishburne, il Dr. Cheever, tratteggia un personaggio molto umano che impersona le spinte etiche di un'umanità completamente allo sbando, soprattutto sul piano dell'etica condivisa. Il film entra subito in medias res, collocando la nostra testimonianza passiva di spettatori al 2° giorno di epidemia, nascondendoci cioè ciò che è accaduto al "paziente zero" (Gwynet Paltrow) il primo giorno. Rapidamente assistiamo all'espandersi pandemico di un virus letale che non lascia speranza alcuna a chi viene contagiato, e il ritmo narrativo si fa sempre più incalzante e veloce, attraverso la tecnica di un montaggio andante con moto che non stanca mai l'occhio, ma che al contrario ci accompagna all'interno delle sorti maligne che l'umanità attraversa. Abbiamo detto però che Soderbergh ci lascia qualche penna, e dirò subito quali sono i punti in cui secondo me casca l'asino: il sonoro e il perturbante. La colonna sonora di Cliff Martinez è pessima, poichè vuole sottolineare il crescente clima catastrofico mediante l'insistenza di bassi elettrico-sintetici che con il visivo c'entrano come i cavoli a merenda. Le musiche raffreddano cioè un'atmosfera che vuole essere apocalittica nelle immagini. Una grande contraddizione che francamente non ho capito. Già a partire da questo elemento tecnico il Perturbante viene a sua volta attutito e raffreddato fino a scomparire del tutto, fatta eccezione delle prime sequenze in cui muore per contagio il bambino di Mitch Emhoff (Matt Damon). Tale freddezza dell'allestimento scenico generale raggiunge i suoi massimi durante le sequenze girate nei laboratori dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nei quali non accade nulla di inquietante: il mondo là fuori va a fuoco, mentre qui dentro, ehi, ci sono gli scienziati che non perdono la testa come voi mortali, e vi salveranno, altro che quegli idioti di internet. "Contagion" infatti gronda di speranza da tutte le inquadrature, e questo ammortizza automaticamente e depotenzia tutti gli altri possibili sottotesti che collateralmente ci propone. In questo senso, alla fine, non è per niente un film "apocalittico", cioè non inietta alcun sentimento perturbante di sorta, in quanto risulta rassicurante, investendo la Scienza di un ruolo salvifico, etico, riequilibratore dei destini dell'umanità. Sembra quasi che Soderbergh voglia aderire alle recenti scuole di filosofia neo-realistica (new-realism), allontanandosi da qualsiasi "pensiero debole" che rifletta sulla fragilità dell'umano. Perchè Soderbergh faccia questo tipo di scelta non ci è dato sapere, ma rimane il fatto che noi vediamo un montaggio alternato in cui si intrecciano storie differenti che alla fine acquistano una loro coerenza interattiva solo con il trionfo della Scienza sul Caos. Ma ciò accade in modo appunto "freddo", sterile, come le camere sterili in cui viene studiato il virus. Il film è a mio avviso da vedere, poichè la mano registica è raffinata e anche poetica in alcuni punti: si sente l'amore per l'umano farsi e disfarsi delle cose. E questo amore è reso con un tocco estetico che non capita spesso di cogliere al cinema. Ma se decidi di leggere l'Apocalisse di San Giovanni, non puoi, dopo, darne una interpretazione semplicemente razionalista, alla Bertrand Russell, diciamo così. La "paura" (Fear) di cui parla la locandina, è inoltre una falsa pista, perchè anche su quel piano l'angoscia del contagio non viene mai colta e rappresentata in modo "caldo" dal regista, che si limita a inquadrare alcuni supermercati saccheggiati, oppure, freddamente, degli atti di sciacallaggio notturno in case deserte. Direi, per concludere, che "Contagion" è un film da vedere proprio perchè eccentrico rispetto agli usuali paradigmi rappresentativi del genere apocalittico. Ma in ogni caso non entusiasma.
Regia: Steven Soderbergh Sceneggiatura: Scott Burns Montaggio: Stephen Mirrione Musica: Cliff Martinez Cast: Gwynet Paltrow, Matt Damon, Jude Law, Kate Winslet, Laurence Fishburne, Josie Ho, Demetri Martin, Jennifer Ehle, Bryan Cranston Nazione: USA Produzione: Warner Bros. Pictures, Participant Media, Imagenation Abu Dhabi FZ Durata: 105 min.
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