Trama: dopo essere stata morsa ed infettata, l'adolescente Maggie comincia a mutare in una zombie cannibale. Il padre decide di starle accanto negli ultimi giorni di lucidità, prima che la ragazza si trasformi definitivamente...
Cosa potrei dire di Maggie che non sia già stato detto altrove e meglio? Potrei partire, come sempre, da quella schifezza che è il titolo italiano il quale, come fin troppo spesso succede, induce lo spettatore ad aspettarsi tutt'altro tipo di pellicola, soprattutto quello spettatore che giustamente associa Schwarzenegger a un certo genere di film. Il fulcro di questo horror molto atipico non è l'"epidemia mortale" e nemmeno l'aspetto "contagious" dell'intera faccenda: sì, i protagonisti vivono in un mondo fiaccato dall'epidemia in questione (ma non sono solo gli esseri umani a stare morendo, anche le colture stanno rapidamente lasciando il posto a terra arida, come già accadeva in Interstellar), hanno il terrore di venire morsi e venire contagiati dai "vaganti" ed esistono appositi centri di quarantena per chi è stato infettato ma l'aspetto che interessa ai realizzatori della pellicola non è quello horror, bensì quello umano. Il titolo originale non a caso è Maggie. Semplicemente Maggie. Maggie è una ragazza come tante che un giorno contrae un virus mortale e da quel momento la sua vita va a rotoli assieme a quella dei suoi cari. Maggie viene contagiata tramite morso di zombie e la cosa aggiunge alla malattia l'elemento horror, ovvero il pericolo per chi le sta accanto di venire divorato ma se la protagonista del film avesse scoperto di avere il cancro o di essersi presa l'AIDS il percorso della pellicola sarebbe stato lo stesso perché il fulcro del film non sono i morti viventi quanto piuttosto i rapporti familiari e il modo in cui una persona sceglie di affrontare una malattia terminale. Il rapporto tra padre e figlia, centrale fin dalla locandina, viene affrontato con semplicità e rispetto, così come il dolore di una matrigna che non può competere con gli affetti (scomparsi e scomparenti) del marito ma ancor più belli ed importanti, almeno a parer mio, sono la serata che la protagonista passa con gli amici di sempre e la scelta di affrontare la morte con coraggio e dignità, una scelta rappresentata da un finale inaspettato.
Maggie è anche un film che parla per metafore e non condanna a priori l'eutanasia, bensì mette in discussione l'ipocrisia di chi vuole preservare la vita a tutti i costi: di fronte alla morte certa dei contagiati, quanto senso ha prolungarne la sofferenza mettendoli in quarantena senza fare distinzione tra chi è ancora senziente e chi ormai è già uno zombi (privandoli quindi di individualità e dignità) oppure offrire loro una morte "pulita" ma dolorosissima perché non è etico ricorrere a soluzioni più drastiche? La presa di posizione dei realizzatori può tranquillamente tradursi nella vita reale e anche per questo motivo gli aspetti legati a questo dilemma sono quelli che rendono Maggie commovente in maniera infingarda, perché il magone arriva lì, alla traditora, come l'ormai famigerata lacrima di Schwarzenegger, per il quale mi permetto di spezzare una lancia. Non sarò così falsa ed ipocrita da definirlo bravo attore solo perché il film mi è piaciuto: come ho detto altrove, Schwarzy quando non è impegnato nei soliti action da il meglio di sé nelle commedie e non è portato per i ruoli drammatici... però perché bisogna essere per forza espressivi per comunicare il dolore? Tutti i vostri padri o quelli dei vostri amici sono espressivi? Quante persone, ruvide e schive, non spremerebbero lacrime nemmeno se le ammazzassero? Non per questo, però provano meno dolore ed è il motivo che mi spinge ad affermare di aver apprezzato la scelta di Schwarzy per il ruolo di Wade, quest'uomo grebano ma buono ed invecchiato da tragedie premature. Per il resto, anche se Maggie non è propriamente un horror, è comunque sorretto da effetti speciali e un trucco che molte produzioni ben più "importanti" possono solo sognarsi e la fotografia grigio-verde, che accompagna immagini silenziose, riflessive e a loro modo artistiche, non mi è per nulla dispiaciuta. Maggie non è un film perfetto ma, come ha detto Giuseppe de Il buio in sala, ha cuore. Un cuore semplice e delicato, come una margherita. Basta solo saperlo cogliere ed apprezzare.
Di Arnold Schwarzenegger (Wade Vogel), Abigail Breslin (Maggie Vogel) e Joely Richardson (Caroline) ho già parlato ai rispettivi link.
Henry Hobson è il regista della pellicola, al suo primo lungometraggio. Inglese, ha lavorato anche come designer e responsabile degli effetti speciali.
Douglas M. Griffin interpreta Ray. Americano, ha partecipato a film come Déjà Vu - Corsa contro il tempo, Dylan Dog - Il film, Facciamola finita, The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca, 12 anni schiavo, Dallas Buyers Club, Oldboy, La stirpe del male e a serie come True Detective. Ha 49 anni e otto film in uscita, tra cui l'imminente Terminator Genisys.
J.D. Evermore interpreta Holt. Americano, ha partecipato a film come The Paperboy, Django Unchained, 12 anni schiavo, Dallas Buyers Club e a serie come CSI - Scena del crimine, Walker Texas Ranger, True Detective, The Walking Dead e American Horror Story. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 47 anni e sei film in uscita.
Per la cronaca, originariamente la coppia figlia/padre avrebbe dovuto essere formata da Chloe Moretz e Paddy Considine. Detto questo, se Maggie vi fosse piaciuto consiglio il recupero di 28 giorni dopo e Shaun of the Dead. ENJOY!