Ci sono silenzi molto costosi, o meglio c’erano perché i contratti flat se è vero che fanno risparmiare in realtà hanno impoverito la tensione tra i due interlocutori, quell’angoscia romantica di quando uno non sa più cosa dire ed è l’altro che sta chiamando, con la sua bolletta e tutto l’armamentario con filo e cornetta. Sentire sospirare travolto dall’indecisione qualcuno da qualche altra parte del mondo al telefono non ha prezzo, e solo a uno con il cuore di pietra verrebbe in mente di pensare allo scatto successivo, il gettone che va giù, il segnale beep che ciuccia credito alla scheda. Mentre oggi non c’è più nulla, anzi, se perdi tempo a parlare con uno indeciso fai gli interessi della compagnia che ti ha abbonato. Che poi se eri tu che chiamavi e non mettevi giù alla fine, a quell’altro gli rimaneva il telefono bloccato, chissà se le cose funzionano ancora così. Una volta qualcuno a casa mia aveva fatto soffrire un fidanzato troppo geloso che era rimasto, a conversazione finita, a singhiozzare all’altro capo e me n’ero accorto io che dovevo chiamare qualcuno proprio dopo quella conversazione fiume – la cornetta era rovente – e non potevo perché quell’altro chissà dove piangeva inconsolabile e non ne voleva sapere di chiudere. Ma a parte questi casi limite, ci sono risposte che non ce la sentiamo di dare così sui due piedi, te lo insegnano pure a scuola di pensare a come formulare quello che devi dire. Oggi poi che quando telefoniamo ci guardano tutti sai che vergogna non essere preparati sui propri sentimenti. Altro che quei concorrenti dei quiz televisivi che non sanno chi sia Hitler e quando è vissuto. Leggersi dentro ci riesce male, il mondo è pieno di persone affette da questa variante della presbiopia interiore. Restano così quelle pause vuote con il tempo sospeso che logora il filo che c’è ancora ed è quello che regge due persone, non sapremo mai come è andata a finire né se c’era una tariffa particolare a proteggere la facoltà di non rispondere.