Questo post partecipa al Contest "Se tu guardassi con il cuore oltre la disabilità" del blog COLORIDELLAMORE.
Domenica scorsa avevano organizzato delle bancarelle e dei giochi per i bambini. C’era un enorme gonfiabile a scivolo, la parte dedicata alla salita era molto ripida e non era per niente facile arrampicarmi. Il gioco era gratuito e c’era una ressa di bambini che salivano e scendevano in continuazione. Sono riuscito a convincere mia figlia a non salire perché ancora troppo piccola con i suoi trentadue mesi e con la sua esile corporatura. Di solito sono molto più ardito nei giochi con lei, ci arrampichiamo, saltiamo ma la ressa di bambini molto più grandi di lei non mi faceva stare tranquillo. Ci siamo messi in fondo alla discesa per vedere i bambini che salivano e scendevano insieme agli altri genitori. C’era un bambino grandicello che provava a salire ma, tra la folla dei bambini che si muoveva sul materasso e la salita molto ripida, non riusciva ad andare oltre i primi due della lunga fila di rigonfiamenti che rappresentavano gli scalini. Il bambino guardava dispiaciuto la madre che dolcemente cercava allo stesso tempo di incoraggiarlo per dargli fiducia e di consolarlo per il mancato successo.Nel mezzo a quella confusione di bimbi vocianti e saltellanti, vedere quel bambino, i cui tratti del viso me lo facevano individuare come “speciale” in mezzo a quel mucchio di bambini, mi ha fatto provare diversi sentimenti, come genitore e come persona.
Non ho potuto non pensare alle difficoltà che dovranno affrontare lui e i suoi genitori, agli ostacoli che si troverà a dover superare e ai limiti che dovrà accettare. Sembra un discorso che vale per tutti, e così lo è, ma per lui forse varrà più degli altri.Avrei voluto togliermi le scarpe e dargli la mano per aiutarlo a salire o per mostrargli come fare. Ma non l’ho fatto. Forse non era il caso, in quel momento. Forse non ero il caso che lo facessi io, un estraneo. Come non l’ho fatto con mia figlia, che mi aveva chiesto di salire insieme. Perché tutti i bambini erano più grandi e non erano accompagnati dai genitori e la struttura non era adatta agli adulti. Perché avrei creato ulteriore confusione, rischiando proprio io di fare male a qualcun altro. Non so se altri genitore abbiano colto questa scena e se abbiano fatto questi miei stessi pensieri. Non li ho condivisi con altri. Se non attraverso questo post in occasione del contest. Ho pensato a una “strana coincidenza” e ho scritto quello che avevo in mente.Mi sono reso conto che non potevo guardarlo come gli altri bambini, non riuscivo a non fare quelle riflessioni. Chissà perché. Forse perché dietro al mio sguardo c’era una mente che elaborava, che proiettava nel futuro ma anche nel quotidiano, che pensava a quello che gli sarebbe aspettato negli anni a venire. Forse se avessi potuto guardare con il cuore avrei visto cose diverse? Non lo so, sicuramente c’era tanto cuore anche in quello che pensavo. Ma anche tanta razionalità.