Ogni giorno perdiamo 70 elefanti, ogni settimana 20 rinoceronti. Il bracconaggio, nonostante gli impegni internazionali, sembra un fenomeno inarrestabile che a suon di zanne, corni e pelli alimenta un giro d'affari illecito stimato in più di 23 miliardi di dollari all'anno. A spese della biodiversità. Per tentare di porre un freno al traffico illegale di flora e fauna, lunedì a Ginevra tornerà a riunirsi il Comitato permanente della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites), parte della programma Onu per l'ambiente e a cui aderiscono 181 Stati. Un vertice da cui gli ambientalisti si attendono un aumento degli sforzi globali nelle azioni di contrasto.
Primo nodo sul tavolo è l'emergenza elefanti, di cui in Africa sono rimasti 470mila esemplari contro una popolazione stimata fra i 3 e i 5 milioni nel 1900. Ogni anno sono 30mila gli elefanti africani che vengono uccisi, con l'avorio che sul mercato nero arriva a 3mila dollari al chilogrammo.
Il Comitato esaminerà i progressi nell'attuazione dei Piani d'azione nazionali sull'avorio da parte delle 19 nazioni coinvolte nei traffici illegali. "Alcuni Paesi, tra cui la Thailandia, hanno fatto progressi significativi, ma sono troppi quelli che hanno fatto poco o non abbastanza", come Nigeria, Angola e Laos, spiega Carlos Drews, che guiderà la delegazione del Wwf. O la Tanzania, dove in 5 anni è stato sterminato il 60% della popolazione di elefanti. O ancora lo Zimbabwe: nel parco nazionale di Hwange, lo stesso in cui l'estate scorsa un dentista americano ha ucciso il leone Cecil, gli elefanti cadono a decine, avvelenati con il cianuro.
Non va meglio ai rinoceronti, il cui corno è talmente richiesto sul mercato asiatico da raggiungere i 120mila dollari al chilo. In Sudafrica, dove sopravvive il 90% delle popolazioni di elefanti africani, le uccisioni hanno superato quota mille per il terzo anno consecutivo. (Laura Giannoni-ANSA)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)