Mia figlia ha preso poco da me, per fortuna. Diciamo che è mia moglie per l’80% il che è un dato positivo, e non lo scrivo per spingervi a postare nei commenti cose tipo ma no, non dire così, siamo sicuri che da te ha preso le qualità migliori eccetera. No, posso confermarvi, e chi meglio di me potrebbe farlo, che dal padre ha ereditato l’altezza (ma non ne sono così sicuro, perché mentre da piccola era più alta della media ora a 8 anni non lo è già più), il senso del ritmo, l’abilità di imitare i suoni della batteria con la bocca e la scarsa manualità. Così è un bene che si sia fermata lì. Il resto è di mia moglie: l’intelligenza, piedi capelli e denti su tutto, e poi il resto, compresa la facilità nello spazientirsi. Guardando le sue foto in primo piano – ne ho un hard disk pieno – mi rendo conto del morphing dei lineamenti, a volte più simili ai miei, a volte più alla mamma a seconda del momento della crescita, poi via via verso i tratti più definiti tanto che già oggi si intravede la persona che sarà un giorno. Proprio ieri sera la osservavo, ora che inizia ad avere le sue preferenze di abbigliamento, modo di portare i capelli, gusti musicali, e collegavo il tutto con il fatto che anche la terza elementare è agli sgoccioli, insomma sta crescendo e chissà se sono pronto. Ma devo stare attento perché c’è un equivoco dietro l’angolo. A volte la vedo troppo grande rispetto alla sua età anagrafica, e sono le volte in cui mi viene da cercare un appiglio in lei se magari sento che c’è qualcosa che non va altrove, e questo è un periodo di quelli. E mi accorgo all’istante che è un comportamento da correggere subito perché avverto la sorpresa in lei. Succede che cerco il contatto e mi perdo via come se volessi farmi consolare, che da una parte è anche giusto perché se i figli danno felicità è giusto a volte approfittarne, come infilare un cucchiaio in un barattolo di miele perché è qualcuno l’ha dimenticato aperto e portarlo colmo all’inverosimile alla bocca. Ma sopravvaluto la sua solidità che non è detto che non ci sia in un bambino, anzi, sapete come sanno esser forti. Ma si tratta di una solidità naif, una affermazione del sé che compie percorsi imprevedibili come quelle piante che si torcono a seconda di dove le posizioni per avere più luce. E un genitore non sempre è il massimo dal punto di vista energetico. Così quel poco di crescita conquistata si fa da parte, vinto dall’innaturalezza di un equilibrio con una parte deficitaria, da ristabilire. E ci tocca così far finta di nulla e riappropriarci della dignità mancante che poi è una delle principali responsabilità di un genitore: quella di non dare segni di assenza e di tenere sempre la luce accesa – la luce dentro di sé, in senso metaforico – perché non si sa mai, la paura del buio non si vince mai del tutto.
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