Nessuno dovrebbe mai conoscere la data della propria morte. Ma ai malati terminali questa chance è negata. E tutto cambia prospettiva. Non c'è più la quotidianità. Ma un dolore costante, insistente, che non ti lascia mai. E si acuisce in quei momenti speciali. Perchè la scadenza si avvicina ad ogni respiro, ad ogni palpito. Inesorabile. Inevitabile.
Ed ogni minuto sottratto è un senso di colpa che si aggiunge. Otto ore al lavoro sono otto ore senza di lei. Sprecate. Perse. Inutili.
Non sono pronta a perderla. Mi sento ancora la figlia bisognosa di protezione. E cerco il suo abbraccio, confortando e cercando conforto. Vorrei liquefarmi in quel calore umano. Respirare a pieni polmoni il profumo della sua pelle per farlo entrare dentro di me. Fondermi con lei per non lasciarla andare via.
E ripenso ai nostri viaggi, alla nostra complicità. Al mio bisogno costante di proteggerla e guidarla in città straniere.
Poi arriva ancora il senso di colpa. Per le volte che non l'ho chiamata. Per quei giorni in cui l'ho data per scontata. Per il viaggio di questa estate, rimandato per un capriccio lavorativo. E che ora non potremo fare più. Mai più.
E, ancora, senso di colpa. Quando mi abbandono all'egoismo e penso che questa sia una punizione per i miei pensieri cattivi, le mie invidie, le mie maldicenze, un tempo considerate semplici scivoloni in una natura umana imperfetta. O forse è stato il mio vantarmi di una vita tutto sommato felice, nonostante i gravi colpi che la mia famiglia ha già subito. Ecco, forse è stato questo sfidare la sorte. Questo ottimismo sbandierato a dispetto di tutto. Questo voler vivere per forza nonostante i colpi inferti dal destino. E' un peccato di hybris e gli dei mi hanno punito. Non solo portandomi via la persona che più amo al mondo. Ma facendolo con scientifico stillicidio. Giorno dopo giorno. Ora dopo ora. Attimo dopo attimo. Perché io possa averne la massima consapevolezza.
E non c'è pace né rassegnazione che possa accompagnarmi in questo cammino.
Nè una fuga o un vigliacco dietrofront.
Dovrò percorrerlo tutto, in sua compagnia. Sorreggendo per essere sorretta. Incoraggiando per essere incoraggiata. Sorridendo per non essere sopraffatta.
Sapendo che il dolore che provo è profondo e senza riscatto.
Onnipresente in ogni gesto.
Pungente in ogni respiro.
Straziante in ogni pensiero.
E infinito
Come le mie lacrime.Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso dell’autrice.
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