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Contributi a una cultura dell’Ascolto CAMMINARSI DENTRO (246): Leggere Leggere Clelia Mazzini, 1506. Il paradosso del male

Creato il 15 agosto 2011 da Gabrielederitis @gabriele1948

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da akatalēpsía o degli infiniti ritorni:
1506. Il paradosso del male da

GIORGIO FRANCK, La gioia, il dolore, l’eccesso, contenuto ne Il Male. Scritture sul male e sul dolore, PENDRAGON 2001, a cura di Franco Rella

Il male è impensabile, indicibile. Se lo si potesse pensare e capire non sarebbe nemmeno male, ha detto Ricoeur. Il saggio di G. Didi-Huberman, entra nel luogo del male assoluto, Auschwitz, e cerca di decifrarne delle tracce attraverso l’analisi di alcune immagini fotografiche. Al problema del pensiero e della tragedia dell’ebraismo si rifanno anche i saggi di I. Kajon e di W. Tommasi. Filosofico è l’approccio diretto di J. L. Nancy al problema, e filosofico, con un’importante curvatura etico-politica è il saggio di M. Cruz. Tra filosofia e letteratura si pone l’analisi di alcuni testi di G. Bataille, proposta da A. Ferrarini. Il saggio di G. Franck mette, in modo anche stilisticamente originale, appunto filosofia e letteratura di fronte al “male di vivere”. C. Bigliosi, attraverso Proust e Colette entra nell’inferno che fermenta nel cuore umano: l’inferno della perversione dei sentimenti e, in particolare, del sentimento d’amore nella gelosia. E infine I. Kajon interviene sulla rappresentazione artistica del dolore. Due frammenti di De Maistre e di Leopardi e un immenso testo di Baudelaire declinano il tema del male, del dolore e della morte. Questo volume non ha l’intento di definire ciò che il male sia, e neppure di disegnarne i confini. Vuole semplicemente aprire alcuni sentieri dentro il suo buio territorio, e fare qualche passo al suo interno. Il risultato di questa operazione, per il curatore, è la conferma di una convinzione profonda, comune a tutti coloro che vi hanno collaborato: l’esercizio del pensiero filosofico o critico ha senso soltanto in quanto si misuri con le questioni decisive che costituiscono il destino stesso dell’uomo.

Il manifesto di akatalēpsía

Lettere dalla zona interdetta

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La lettura delle cose di Clelia Mazzini è sicuramente ardua. Misurarsi con esse vuol dire cercare le parole nei crepacci: favorire il volo della mente, non opporsi ad esso. Non opporre resistenza. Si parte dal frammento, che con lei non è mai testo irrelato, scheggia e basta. Non si dà veramente incompiuto qui, giacché non avrebbe senso affidare a un testo breve il ‘compito’ di rappresentarci – come riescono a fare bene tutti i suoi testi – se l’implicito e il presupposto avessero la meglio. Nessuna reticenza è ammessa. Ognuno di questi testi è parte non solo dell’opera da cui proviene: ne costituisce un estratto prezioso, direi quasi strategico; aiuta a disegnare traiettorie di senso. Non si tratta di brevi folgorazioni e basta. Sempre, in poche righe è chiuso un mondo. Del tema veicolato si dice tutto. Icasticità e sintesi ed essenzialità e brevità sono una cosa sola. Né scrittura aforistica né culto del frammento prevalgono. Gli stessi testi proposti non sono citazione né ‘scheda’ bibliografica – quello che mi ha colpito di più di questo libro! Clelia sottolinea parti di testo, mette in corsivo e in neretto intere frasi e periodi: si appropria del testo stesso, fino a farne cosa solo sua. L’enfasi cercata è il modo che predilige per dire l’emozione e il ragionamento. Tra le mosse della ragione, l’ambiente sempre uguale da anni; le immagini che accompagnano i testi non illustrano quasi nulla. Stanno lì ad abbellire la pagina, senza nulla aggiungere e in nessun modo interferendo con il senso. Il suo sito è fatto solo di testi. E’ un omaggio al Testo.

Imparare a leggere Clelia Mazzini è espressione che può andar bene per dire di ogni persona che prenda sul serio la scrittura che occorre trovare il nesso che da testo a testo conduca da qualche parte, per significare la ricerca della Erörterung, del ‘luogo proprio’ di essa, che non sta propriamente in un solo testo. Roland Barthes, discutendo su Sade, Fourier, Loyola, nell’opera che è stata definita il suo testamento spirituale, ha sentenziato definitivamente che non c’è nessun segreto da carpire: il segreto è vivere con Sade, Fourier, Loyola.

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