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Contributi a una cultura dell’Ascolto: Il coraggio di educare

Da Gabrielederitis @gabriele1948

Domenica 22 giugno 2014

CAMMINARSI DENTRO (486): Il coraggio di educare

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«Se la madre non sa che il figlio si droga allora si suicidi» (Antonio Reppucci, Prefetto di Perugia. 

Esso non sa che nessuna madre sa quello che combina un figlio, quando questi esce di casa, perché nessuno ha mai visto quello che da ragazzi facciamo di nascosto. 

Altra cosa è dire che una madre dovrebbe accorgersi di quello che il figlio combina, quando esce di casa: dovrebbe controllare, nei limiti del possibile, i luoghi e le persone che frequenta – il contagio emotivo è fenomeno accertato scientificamente: però ci dice chi siamo, non che non dovremmo frequentare questo o quello: se cerchiamo questo o quello, che buoni non sono, il problema è in noi. Una madre, poi, dovrebbe parlare con suo figlio, non smettere mai di parlare; dovrebbe preoccuparsi, se non ci riesce, perché è proprio questo il momento in cui le cose stanno cambiando. Che un ragazzo si sottragga ai controlli è 'normale'. Che non voglia dire tutto di sé è 'normale'. Non è normale che una madre si rassegni a ogni cambiamento come se fosse inevitabile: è sempre possibile 'contrattare' spazi di libertà e comportamenti. 

In tutte le nostre relazioni siamo quotidianamente impegnati a contrattare il significato da attribuire alle cose. I genitori scoprono, così, la fatica dell'educare. I ragazzi che crescono richiedono da parte nostra il coraggio di educare. Dobbiamo interpretare correttamente i segni. L'unica cosa che si possa rimproverare a un adulto educatore è proprio questo, di non comprendere quello che accade in un figlio, negli anni cruciali della crescita. 

Gustavo Pietropolli Charmet ha scritto un libro intitolato "Non è colpa delle mamme", in cui si descrive quello che accade quando un ragazzo di 12-13 anni incomincia ad esplorare da solo la realtà, allontanandosi necessariamente da sua madre. I processi di individuazione della persona sono resi possibili solo se la madre "lascia andare" il figlio, permettendogli di crescere. Si capisce che il figlio, a sua volta, non dovrà allontanarsi "troppo" da sua madre. Questo è anche il tempo in cui – secondo Claudio Risé – le madri dovrebbe affidare i figli ai padri. 

In questo territorio nevralgico della vita nostra e dei nostri figli si gioca tanta parte di quello che saremo tutti, genitori e figli. Crescono i figli, cresce la responsabilità dei genitori. Libertà dei figli e libertà dei genitori sono il terreno su cui ci si incontra oppure no. 

Per esperienza posso dire che tutti i genitori scoprono anche dopo 10-20 anni quello che i figli facevano fuori di casa a loro insaputa. Nei Centri di ascolto chiamiamo errore educativo questa 'cecità'. Con i genitori lavoriamo perché non ripetano più lo stesso errore. Altro la vita non ci concede. 

Le agenzie di socializzazione esistenti potrebbero aiutare la famiglia a guidare i ragazzi che crescono, ma non lo fanno. La politica non educa alla trasparenza e all'onestà. I genitori sono sempre più soli nella barbarie liberista. I ragazzi sono spesso 'merce' televisiva e pubblicitaria. 

I Prefetti farebbero bene a leggere, soprattutto testi che parlino di Educazione e dei modi in cui aiutare la famiglia a crescere in modo sano.

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