E perché, visto che quello dell’editore dovrebbe essere un“mestè” come gli altri? Un giornale non è forse un’impresa economica, forse un po’ sui generis almeno qui da noi dove tutto è “sui generis”?
Fare un giornale, così come tutte le intraprese, è un lavoro da editori. Ma ci sono ancora Editori (proprio con la E maiuscola) in Italia?
A ben guardare diventa difficile dire di si. E del resto basta controllare la composizione dei Consigli di amministrazione dei gruppi editoriali per averne una conferma. Nei più importanti la fanno da padroni, a tutti gli effetti, gli industriali e/o i finanzieri. Negli altri, così a caso, la Chiesa, i politici, gli amici dei politici, i parassiti dei politici ed i parassiti/politici.
E per quei pochi che si proclamano editori puri basterebbe sfogliare per qualche tempo i loro prodotti per rendersi conto di quanto siano invece asserviti ad alcuni interessi, del proprio orticello o di qualcuno al quale devono dire grazie. Non facciamo nomi, per carità. Del resto basta scorrere attentamente gli elenchi –ripresi pari pari dal sito della Presidenza del Consiglio Dipartimento Editoria- per sorprendersi.
Giornali gestiti da cooperative di giornalisti (ma davvero, ma sul serio?), giornali mai visti in edicola e difficili da trovare persino nell’oceano delle tre W, giornali che fanno capo a potenze editoriali, giornali sportivi, di svago, in lingua, di città, di paesi e di paesini! Ma…se un’azienda non è in grado di andare avanti “normalmente” chiude e se la causa delle difficoltà sta nei vertici si cambiano i vertici.
Non sta scritto da nessuna parte che il cittadino debba contribuire -nel migliore dei casi- all’incapacità altrui. Nel migliore dei casi, perche’ in altri la contribuzione arriva per le amicizie o per le furbizie o per asserite motivazioni legate alla libertà di stampa e/o di pensiero. “Ma ci faccia il piacere” avrebbe detto il principe De Curtis in arte Totò!
I contributi all’editoria -che non sono solo quelli dell’elenco (ce ne sono anche di altri tipi quali le convenzioni postali e/o telefoniche, ecc ecc) forse alla nascita avevano una ragione d’essere ma oggi, e soprattutto dopo gli ultimi scandali, proprio no. (contributi giornali, contributi radio confine 2009, contributi radio partiti politici, contributi emittenti televisive)
E ben vengano provvedimenti ad hoc, anche se mi sa che un sistema prima o poi verrà come sempre trovata una soluzione per aggirare l’impasse (“fatta la legge, trovato l’inganno” mica per niente è un detto popolare ben noto nel nostro Paese). L’Avanti, Il Manifesto, Avvenire, ItaliaOggi, La Padania, L’Unità, Il Secolo di Italia, Il Foglio…sono solo i più conosciuti.
Scorrere l’elenco, anzi gli elenchi perché i contributi sono andati anche alle radio di confine, alle radio dei partiti politici e alle emittenti televisive potrebbe essere divertente se… Se non fossero nostri soldi e, parafrasando una canzone di Paolo Conte che però si riferiva a Bartali ed ai francesi, “le palle ancor gli girano”
…. Leggete, leggete e…meditate gente, meditate!