Contributo per Prossima Lombardia: rimettiamo il cittadino al centro della sanità

Creato il 28 ottobre 2012 da Antonioriccipv @antonioricci

Il mio contributo per Prossima Lombardia:

La sanità lombarda è sempre stata un’eccellenza, ben prima dell’arrivo al governo della regione di Roberto Formigoni.

Alla base della filosofia della sanità formigoniana vi è la legge 31 del 1997 che rivoluzione il sistema sanitario della nostra regione.

Con questa legge al centro del sistema vengono poste le prestazioni sanitarie  e i rispettivi rimborsi posti in un mercato in cui la regione paga la prestazione a tutti i soggetti accreditati siano essi pubblici o privati.

Il centro su cui ruota tutto il sistema non sono più i bisogni di cura dei cittadini e il diritto alla salute ma il mercato delle prestazioni sanitarie trattate come merce.

Il tutto mascherato dallo slogan:  “libertà di scelta”.

Cioè si dice che il cittadino ha ora la libertà di scegliere da chi essere curato, sia esso pubblico che privato..

Occorre però ricordare che chi ha bisogno della prestazione sanitaria, il malato, si trova in una posizione di palese debolezza, non si muove come un normale consumatore che deve acquistare ad esempio un’automobile.

Chi è malato non è nella condizione ideale per esercitare la scelta di quale struttura servirsi. Spesso non ha né la competenza né le informazioni per decidere consapevolmente in un mercato davvero poco trasparente.

Così il mercato sanitario finisce per essere dominato dall’offerta: è l’offerta che determina la domanda.

L’attenzione e il potere è incentrato tutto su chi eroga la prestazione sanitaria e non sul malato.

In secondo luogo chi eroga una prestazione sanitaria può essere un soggetto pubblico oppure un soggetto privato accreditato. In un mercato ovviamente le varie offerte sono in concorrenza tra di loro e non certo in collaborazione. Questo genera varie distorsioni del sistema.

L’imprenditore che investe il capitale nella salute lo fa per ottenere un profitto (commisurato al capitale investito). Se la resa fosse insufficiente, il capitale si sposterebbe verso settori più profittevoli. Questo è il normale comportamento degli imprenditori, e le cliniche private hanno obiettivi di produttività come ogni altra impresa. Ciò non significa che una clinica privata accreditata necessariamente si trasforma in una fabbrica di operazioni, condotta da medici senza scrupoli con l’obiettivo di estorcere denaro al servizio sanitario nazionale. E’ vero però deve aumentare i rimborsi da parte della regione e ridurre i costi.

Per aumentare i rimborsi in regime di concorrenza si punta in primo luogo a sviluppare quelle prestazioni sanitarie che sono più remunerate.

Questo porta a puntare su alcune prestazioni specialistiche a scapito di altre.

Si pensi all’abnorme sviluppo dei centri di cardiochirurgia (ce ne sono più in Lombardia che in tutta la Francia), alla frequenza dei parti cesarei (che danno diritto ad un rimborso ben maggiore del parto naturale e che hanno raggiunto il 38% dei parti in Lombardia contro una media europea del 15%), al proliferare dei by pass e di altri interventi. Così la Regione paga ben 4,7 miliardi di rimborsi di prestazioni mediche ed il 30% va a strutture sanitarie private. Un sistema che finisce col pesare sui cittadini e contribuenti lombardi.

Questa proliferazione è fatta non in collaborazione ma in concorrenza, senza tenere conto delle reali esigenze dei vari territori, per esempio possono sorgere due o più stroke unit a dieci chilometri di distanza. Così per le strutture e reparti ad altissima specializzazione pensiamo ai centri trapianti di fegato, alle cardiochirurgie, alle neurochirurgie e così via.

C’è anche quindi poca programmazione della prestazione sanitaria: basti pensare che, nonostante le numerose strutture accreditate, i tempi di attesa sono diventati intollerabili. Così si è venuta a creare una discriminazione fra chi può permettersi di pagare e godere subito della prestazione, e chi è costretto ad aspettare.

Mentre le prestazioni meno rimunerative vengono snobbate come quelle offerte dai pronto soccorso e dalle strutture di rianimazione e dell’emergenza-urgenza in generale..

Non solo. Una sanità improntata secondo un sistema aziendale e di mercato è troppo incentrata sugli erogatori del servizio, e finisce per trascurare la prevenzione. Eppure è con la prevenzione che si può salvaguardare meglio la salute dei cittadini e ridurre la spesa sanitaria.

Inoltre si cercherà di ridurre le spese con tutti gli strumenti disponibili.

Il principale capitolo di spesa è quello del personale, da qui l’esternalizzazione di vari servizi negli ospedali e nelle Asl. La ricerca del minor costo rispetto alla professionalità, alla formazione e alle capacità degli operatori sanitari a tutti i livelli.

La missione pubblica è stata trasformata in profitto con il progressivo impoverimento delle professionalità, spinte verso altre strutture per permettere agli speculatori privati di ridurre i costi del personale assumendo direttamente lavoratori sottopagati.

E’ necessario allora voltare pagina partendo proprio dalla legge 31 del 1997. La riforma della sanità lombarda deve rimettere al centro i bisogni di salute dei cittadini e il diritto alla salute.

Occorre costruire un modello diverso di sanità che salvaguardi l’universalità dei diritti.

I diritti dei cittadini rispetto alla salute e all’assistenza.

I diritti del lavoro, perché attraverso questi è possibile conoscere il reale grado di civiltà di un paese.

Un modello che riparta dalla giusta distribuzione dei poteri tra i soggetti istituzionali e tra questi e i soggetti privati.

Occorre improntare un sistema fondato su prevenzione e programmazione della prestazione sanitaria, ove pubblico e privato, più che farsi concorrenza si trovino a cooperare per fornire una prestazione di qualità. Ovviamente è importante che l’operatore pubblico persegua obiettivi di contenimento dei costi ed efficienza delle prestazioni, e quindi i controlli devono essere svolti seriamente tanto nelle strutture pubbliche che in quelle private, e da soggetti non in conflitto di interessi.

Inoltre bisogna vietare o limitare quegli eccessi produttivistici, in sanità davvero poco consoni, come la remunerazione dei medici in funzione delle operazioni eseguite. In breve, occorre mettere al centro i bisogni di cura del cittadino e non il business.

Questo permetterebbe di riorganizzare il sistema sulla base delle esigenze dei singoli territori soprattutto per le attività più delicate come la prevenzione, l’emergenza urgenza e la cura dei lungo degenti. Fondamentali anche se meno remunerative dal punto di vista economico.

Ma la sanità non è un mercato come quello delle automobili e la salute non è una merce qualunque e questo va rimesso al centro della filosofia dell’organizzazione di un modello a misura di cittadino.

Infine una sanità di eccellenza non può essere disgiunta da una costante attività di ricerca e di formazione. Anche in questi campi la Lombardia, ben prima di Formigoni, era un’eccellenza. I grandi ospedali da decenni promuovono una costante attività di ricerca di base e clinica accompagna dalla formazione. La ricerca biomedica lombarda è l’ unica che si possa confrontare con i paesi più avanzati del mondo, e le nostre università producono ottimi medici e ottimo personale sanitario. Anche qui finora, le ragioni del profitto e della politica hanno prevalso su quelle della competenza  e della professionalità. Questa visione va invertita con forza.



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