Quella che segue, è la relazione scritta da Lelio Basso, nella quale viene argomentato come l'impoverimento e la deformazione del pensiero marxiano sia da imputare alla "popolarizzazione", fattane da Friedrich Engels, dopo la morte di Marx, all'interno della Seconda Internazionale. La relazione venne letta, quasi un anno dopo la morte di Basso, ad un convegno su Friedrich Engels, organizzato dalla Fondazione Basso nel settembre del 1979.
Concepire la storia del "marxismo" come un fascio di luce che, partendo da Marx, irradia a poco a poco il movimento operaio è un nonsenso da un punto di vista marxista. Le idee nascono dal terreno sociale e sono una risposta ai problemi reali del tempo, anche se poi si ammantano di colori svariati e si nobilitano col richiamarsi alla autorità dei maestri. Compito dello studioso è proprio quello di scoprire, al di sotto di questi rivestimenti, la natura ideologica di quelle idee, cioè il loro carattere contingente di giustificazione in relazione al loro legame con i problemi del momento. Ora, la nota dominante del movimento operaio tedesco, nell'ultimo quarto del secolo 19°, era la transizione dalla prospettiva rivoluzionaria, suscitata dal primo impatto del capitalismo con la vecchia società, ad una prospettiva riformista, di miglioramento delle condizioni immediate di vita, che lasciava aperta, ma sempre più lontana ed evanescente, la speranza del socialismo. Era quindi impossibile che il pensiero rivoluzionario di Marx potesse essere accolto in questa fase di sviluppo: quel che appariva necessario era un'ideologia che riflettesse l'ambiguità della situazione, e cioè al tempo stesso un rivoluzionarismo astratto e un riformismo pratico e reale.
E questo fu il marxismo della Seconda Internazionale, che doveva appunto consentire, senza brusche rotture e senza traumi interni, un graduale abbandono delle aspirazioni eversive e un graduale avvicinamento alle istituzioni, ai valori, alla cultura e, infine, all'ideologia fondamentale della società borghese. Dobbiamo dunque lasciar da parte la storia trionfalistica del marxismo ortodosso, secondo cui il pensiero di Marx, grazie all'opera infaticabile di Engels, avrebbe a poco a poco illuminato il movimento operaio europeo, risvegliandone la coscienza. In luogo di ciò, si assistette ad un duplice convergente processo che portò al progressivo adattamento dell'originario pensiero di Marx alle esigenze pratiche della socialdemocrazia.
L'incontro della teoria marxiana con il movimento operaio germanico e l'Internazionale sarebbe stato possibile solo attraverso un lavoro di semplificazione, che mettesse in evidenza, da un lato gli addentellati con la cultura dominante, e dall'altro i temi fondamentali dell'azione proletaria: unità del proletariato, lotta di classe, necessità del partito e della partecipazione alle lotte politiche e parlamentari; necessità del sindacato e unità di lotta politica ed economica. Ma il marxismo non dava soltanto questo: offriva anche la certezza "scientifica" del socialismo, in modo da soddisfare tanto le esigenze dell'oggi, quanto le speranze per il domani.
E' probabile che senza il lavoro di Engels, le opere di Marx e il marxismo non avrebbero conosciuto la popolarità e il peso di cui tuttora godono. Ma è chiaro che non è stato senza conseguenze, per gli sviluppi futuri del marxismo, il fatto che il movimento tedesco ed europeo lo abbia ricevuto attraverso un'edizione riveduta da Engels.
Chi confronti le pagine di Engels con quelle di Marx non può non notare l'accento più spiccatamente deterministico ed economicistico del primo in confronto del secondo. Il socialismo per Marx non si identifica con la conquista del potere e con la socializzazione dei mezzi di produzione che sono soltanto dei mezzi necessari per dare ai lavoratori il dominio cosciente del processo produttivo globale, ma è un salto verso la riumanizzazione, verso la liberazione dell'umanità da ogni forma di alienazione, che non ha bisogno di cercare giustificazioni fuori di sé, nell' etica kantiana o in qualunque esteriore teleologia, perché esprime la dinamica interna del processo sociale globale. Donde la presenza insostituibile del momento soggettivo in Marx, in inscindibile connessione con i processi oggettivi.
Engels, invece, rimarrà sempre più sensibile ai processi oggettivi, alla ricerca di leggi oggettive che governano tanto i processi storici quanto quelli naturali, e quindi sia a un'interpretazione deterministica della storia su basi economiche che ai nuovi indirizzi in senso evoluzionistico, tanto nel mondo biologico che in quello etnologico. Era quindi naturale che egli fosse, assai più di Marx, aperto alle tendenze scientiste del suo tempo e ne subisse l'influenza. La tendenza storica diventava così per Engels una legge naturale, e la negazione del capitalismo grazie all'avvento del socialismo un fenomeno necessario come la negazione del seme grazie alla nascita della pianta.
Certo, sul piano "politico" una revisione di certe tesi marxiane si imponeva proprio a causa degli errori dello stesso Marx, in particolare della previsione della rivoluzione imminente (chiaramente impossibile dopo la disfatta della Comune). Ma la revisione compiuta da Engels apparirebbe meno grave se non avesse aperto la strada ai Kautsky e ai Plechanov che ne svilupparono tutte le conseguenze implicite anche sul piano della vita del partito (e tanto più importanti, in quanto Lenin considerò Kautsky come suo maestro e assimilò molte idee come marxiste, mentre erano soltanto kautskiane). Ma « non a caso », annota Irving Fetscher, « la visione del mondo "proletaria" del materialismo dialettico si irrigidì dopo che era ormai passato il momento per una effettiva rivoluzione dal basso. Si solidificò l'organizzazione gerarchica del partito, ma le teorie engelsiane, ampliate, assunsero tutti i tratti caratteristici di una scolastica ».
- Lelio Basso -