Rispetto a come ne parlano le leggi, sulla base dell'osservazione concreta di tale realtà sento piuttosto di poterlo definire come “scelta intenzionale masochistica di sottoporsi a condizione di dominio privato (coniuge) e di qui collettivo (religione/stato per il tramite della legge su quel contratto) e di barattare amputazioni di sé in cambio dell'illusione d'essere amati e curati in caso di bisogno”.
A te che l'hai fatto, o che stai per farlo, vorrei dire alcune cose.
Il matrimonio non ti renderà meno sola/o (ti fa solo credere di non esserlo, costringendo una persona a vivere con te, a sentire le tue parole dopo giornate faticose, a fare sesso come dovere istituzionale), non ti dà la certezza d'essere amato e curato, non ti salva dalla morte dotando la tua vita di un qualche senso: il matrimonio è un'istituzione come altre che un sistema perverso (religione o stato) s'è inventato per evitare che i membri più fragili, paurosi e deboli di mente della società diano di matto di fronte all'insensatezza della vita.
Quando ci si sposa viene legittimata di fatto la possibilità di nutrire aspettative e proprietà sull'altro/a (e ciò riproduce la relazione di dominio stato/religione->società in piccolo, così come forma il primo nucleo di base di quel sistema di dominio da parte di stato/religione sulla società).
Nel matrimonio c'è l'inamovibilità relazionale da un certo punto della propria vita in poi, pur se cambiano le premesse di questa, se le persone cambiano interiormente così come le loro aspirazioni; ci sono sacrifici, doveri, possesso, aspettative; ci sono perversioni, dominio, vittimismi, opportunismi, sensi di colpa, ripicche, amputazioni e castrazioni di sé; c'è mancanza di responsabilità di sé e dell'altra/o; ci sono soluzioni 'comode' perché già compiute e che quindi si autoriproducono per inerzia; c'è la delega della propria libertà di scelta quotidiana, così come dell'intenzionalità delle proprie azioni verso l'altra/o; c'è la sospensione del pensiero e della volontà perché tutto è già stato deciso e stabilito; c'è il riprodursi della paura sedata e controllata con la grande illusione dell'appartenenza a qualcosa di ulteriore divino (v. religione) o umano (v. stato). Abbastanza da farmi inorridire di panico e terrore!
Non è infinitamente più vero, disincantato, realistico, coraggioso, puro, intenso, vivo, serio, scelto, voluto cominciare a pensare alla sintesi di libertà-responsabilità-solidarietà come nuova premessa delle nostre relazioni?
1) Libertà. Scelgo ogni giorno (e giorno per giorno) di amare una o più persone e di permettere che loro facciano lo stesso, nella totale libertà, ovvero nell'assenza di qualsiasi pensiero di dominio, aspettativa e possesso; imparo a gestirmi con l'intelligenza (perché sono un essere umano, non un animale) gli istinti di gelosia, esclusiva e possesso (che provo in quanto – come essere umano – sono anche, ma non solo eh?, un animale) e a liberarmi anche da questi che sono – a ben vedere – ulteriori schiavitù; combatto la paura senza andare fuori di testa per la disperazione dell'assenza di senso, ma vivendo concretamente con passione e coraggio la vita mia e altrui.
Un mio conoscente ha scritto online l'esortazione non a 'provare amore', bensì a 'essere amore'. Ecco, credo che questa sia la differenza. Se si è amore, la libertà, la responsabilità e la solidarietà verso gli altri sono riflesso condizionato di tal premessa. Non c'è bisogno di contratti, atti formali, istituzioni dello stato o della religione, leggi umane e divine. Non c'è bisogno di niente. Sì è, e di qui si fa. Non è chiudersi in quattro mura al sicuro, in una volontaria prigione con caldo, cibo, vestiti e l'illusione che il secondino ci tenga a noi. Si va verso l'esterno, ci si espone alle intemperie, si sta in ripari di fortuna e condivisi senza serrature, si caccia e condivide il cibo volontariamente, si curano i compagni feriti e si fa l'amore per amore.
Siete capaci d'amare così tanto? Siete in grado d'essere così 'amore'?...