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I dati finalmente sembrano annunciare felici novità in campo economico. Fino ad ora abbiamo sentito spesso da più parti (politiche) che l’Italia ha affrontato la crisi in modo migliore rispetto ad altri Paesi e che ormai il peggio è passato. Non fosse per altri annunci che invitano a “stringere ancora la cinghia” in quanto non si è ancora fuori dall’emergenza. Tra queste comunicazioni altalenanti, sono i nuovi dati provenienti da diversi studi sul panormaa imprenditoriale nazionale a testimoniare che una certa ripresa effettivamente c’è. Uno degli ultimi è stato elaborato da Unioncamere, l’Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che si è occupata di valutare l’incremento di nuove attività di impresa nel periodo gennaio-giugno di quest’anno. Stando all’analisi, nel periodo preso in considerazione, su 231.880 iscrizioni di imprese ai registri delle Camere di commercio, 104.525 unità (ovvero il 45,1%), corrisponderebbero a «nuove iniziative imprenditoriali e non a iniziative derivanti da trasformazioni, scorpori o fusioni di imprese già esistenti e che danno luogo, anch'esse, a imprese formalmente nuove rispetto al passato».
Chi sono i nuovi imprenditori?
Dicreto è l’andamento dell’imprenditoria femminile: un’impresa su quattro (24,9%) delle nuove imprese sarebbe gestita da una donna contro un 75,1% di uomini manager. Certo la preponderanza maschile è ancora forte, ma in leggera erosione rispetto al passato. Per quanto riguarda l’età nel 24,5% dei casi, l'imprenditore ha meno di 30 anni; percentuale che raddoppia se si aggiunge la fascia 31-35 fino ad arrivare al 44,5%. La prudenza sembra comunque non essere svanita: il 24,3% dei neo imprenditori dichiara infatti di continuare a svolgere la precedente attività nonostante il 75,7% degli intervistati non abbia esitato troppo a lanciarsi nel nuovo progetto. Se gli uomini dichiarano di dedicare l’intero tempo a loro disposizione all’impresa, le donne devono fare i conti anche con le faccende di casa e la vita familiare: il 58,3% di quante hanno avviato per la prima volta un'impresa prosegue il ruolo “chiave” fra le mura domestiche non nascondendo una certa di diccoltà nel conciliare ottimamente tempi e ruoli.
Perchè aprire un’ìmpresa?
A spingere i neo-manager a intraprendere l’attività vi sarebbero ragioni di successo personale e il tentativo di dar vita a qualcosa di “personale”. Da un’intervista a 4mila imprenditori alla prima esperienza, il 54,4% ha dichiarato di conoscere il mercato e di essere convinti di "poter sfruttare le proprie idee per avere successo", ma anche di aver lavorato abbastanza da dipendente "e di poter fare di meglio con un'impresa tutta mia".
Uno su tre (32,9%) afferma però che la volontà di dar vita ad una nuova impresa sarebbe dettata dall’esigenza di trovare un primo impiego o un nuovo sbocco lavorativo. Non da meno sono i casi in cui il mettersi in proprio sarebbe l’unica soluzione alla difficoltà di trovare un impiego stabile. Per Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere «Le risposte possono apparire sorprendenti solo a chi non conosca la profonda vocazione imprenditoriale degli italiani, e a chi sottostimi la quantità e la qualità delle risorse umane e professionali che il nostro Paese può mettere in campo nei momenti più difficili».
A stimolare il coraggio dei neo-imprenditori vi sarebbe anche una certa fiducia verso la possibilità di partecipare a programmi di tutoraggio (ad esempio start up in collaborazione con le università) e l’erogazione di finanziamenti. Secondo l’Ufficio studi di Confartigianato, nonostante l’accesso al credito sia uno dei punti più difficili da affrontare, nell’ultimo anno i finanziamenti erogati dagli istituti di credito sarebbero aumentati in media dell’1,8%. Il confronto riguarda il periodo aprile 2011 e giugno 2010. I finanziamenti a imprese con meno di 20 dipendenti sarebbero statio per quel mese pari a 172.451 milioni di euro rappresentando il 19% del totale dei finanziamenti concessi alle aziende italiane. Vi sarebbero però ancora troppe disparità tra nord e sud: se gli aumenti di concessione di credito in Liguria sono stati nell’ordine del 4%, in Calabria si è perso l’1,5%. Solo per fare un esempio considerando due regioni agli estremi. Oltre che all’espetto geografico vi è poi la disparità relativa ai settori: se l’edilizia ha visto nel periodo considerato un incremento dei finanziamenti pari al +4,3%, i servizi devono accontentarsi del +0,8% e ancora meno il manifatturiero con + 0,3%.
Gli aiuti maggiori arriverebbero da parte delle regioni che periodicamente stipulano patti di alleanza con gli istituti di credito mettendo a disposizione plafond cospicui e linee di servizi di credito appositamente pensate per le nuove imprese. Recentemente anche l’Unione Europea attraverso il FEI (Fondo Europeo per gli investimenti) ha messo a disposizione un plafond di ben 560 milioni di euro al fine di garantire politiche di sviluppo e crescita economica nel nostro Paese da erogare attraverso un’associazione temporanea d’impresa chiamata Fidigar. Sempre più il tessuto economico nazionale può sfruttare occasioni importanti per accrescere la liquidità puntando sll’incremento di occupazione e innovazione.
A spingere i neo-manager a intraprendere l’attività vi sarebbero ragioni di successo personale e il tentativo di dar vita a qualcosa di “personale”. Da un’intervista a 4mila imprenditori alla prima esperienza, il 54,4% ha dichiarato di conoscere il mercato e di essere convinti di "poter sfruttare le proprie idee per avere successo", ma anche di aver lavorato abbastanza da dipendente "e di poter fare di meglio con un'impresa tutta mia".
L’alleggerimento burocratico rappresenterebbe un’ulteriore spinta. Oltre a pratiche uniformate e perlopiù accessibili via web anche la cifra di partenza necessaria sarebbe minima: al 70,7% degli interpellati sono bastati meno di 10 mila euro. Maggiore semplicità e più garanzie sarebbero alla base dunque di nuovi stimoli per incrementare la crescita economica del Paese sfruttando le capacità imprenditoriali dei nostri giovani.
“La scelta di realizzarsi nell’impresa – ha detto il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello – è una scelta della consapevolezza e della fiducia di tanti nostri concittadini nelle proprie capacità e nelle possibilità che il mercato può offrire. Se pensiamo che uno su quattro dei neo-imprenditori del 2011 ha meno di trent’anni e uno su due ha meno di trentacinque, capiamo come nell’orizzonte dei giovani ci sia una forte domanda di spazi di libertà. Questo – ha concluso Dardanello – è un momento di scelte importanti, in cui la politica non deve perdere l’occasione di investire sul futuro. E l’investimento più importante di tutti deve essere fatto sui giovani. Attraverso il sostegno alle famiglie, favorendo un sistema scolastico più orientato al lavoro, incentivando la vocazione all’impresa. Riforma dell’apprendistato e riduzione al 5% delle imposte alle imprese giovanili, per i primi cinque anni di vita, sono segnali concreti e importante su questa strada. Accanto a questo, però, serve una forte spinta per aprire mercati finora bloccati e protetti e liberalizzare piccole e grandi ‘riserve di caccia’ che frenano il rilancio del Paese”.
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