E’ invalso il termine “controinformazione” all’interno dell’ambito in cui operano ricercatori e cronisti indipendenti. La controinformazione controbatte le versioni di regime e confuta le bugie dei media ufficiali. Ci chiediamo: è un vocabolo idoneo? Nel linguaggio corrente si può accettare, ma, se intendiamo essere precisi, dobbiamo definire l’insieme delle notizie e delle indagini veritiere “informazione”: essa è contrapposta all’accozzaglia di menzogne e mistificazioni propalate dagli organi governativi: questa congerie è, a pieno titolo, senza tema di smentita, disinformazione allo stato puro. I “giornalisti“ mainstream ora inventano i fatti ora li distorcono ora li nascondono: riportano comunque le veline delle agenzie di stampa.
Leopardi nota nello Zibaldone che, nell’età delle gazzette, la cultura tende ad evaporare nell’informazione. L’osservazione è intelligente: infatti anche l’informazione più onesta è pur sempre un regresso rispetto alla cultura, giacché la prima è ancorata al qui ed ora, proiettata verso la cronaca, dimentica delle dinamiche storiche più profonde. L’uomo di oggi è attratto dai “fatti”, è curioso di aneddoti, ma non sa e non vuole inquadrarli in un contesto generale né comprende che l’interpretazione trascende il mero resoconto degli eventi, perché l’esegesi cerca di definire la cornice socio-economica e conoscitiva in cui si situano gli avvenimenti.
Informare significa in ultima istanza dare una forma a qualcosa ed è diverso da formare che implica un processo educativo. Comunque la forma è nella sua essenza un paradigma, un modello, una categoria aristotelica: come tutte le categorie, aiuta a classificare i fenomeni, ma tende ad appiattirli, li priva di sfumature.
Visto, però, che viviamo tempi degeneri dominati dalla censura e dal negazionismo, se si è capaci di informare in modo corretto ed esauriente, è già un buon risultato. Per conseguire tale obiettivo, è necessario aggiornarsi, osservare, rilevare e catalogare i cambiamenti: è lodevole l’iniziativa del consigliere abruzzese Ermanno Giorgi che ha proposto un ordine del giorno sulla geoingegneria criminale, ma, nel suo intervento e nelle interviste rilasciate ai pennivendoli, è incorso in qualche errore concettuale, ad esempio evocando aerei misteriosi che rilasciano le scie tossiche. Come abbiamo dimostrato, i velivoli impegnati nell’avvelenamento planetario sono, nella stragrande maggioranza dei casi, vettori civili: queste unità usano carburanti ed additivi speciali. L’imprecisione cui si accennava purtroppo rischia di prestare il fianco agli attacchi dei negazionisti che approfittano di una sola inesattezza per "demolire" in modo indiscriminato tutte le argomentazioni e le prove addotte dagli scienziati. E’ necessario quindi essere al passo con le acquisizioni più recenti, con gli sviluppi del tema, basandosi sugli studi degli specialisti più che su dati empirici.
E’ anche auspicabile un approccio improntato a rigore ed obiettività, eludendo nel contempo slittamenti emotivi ed ideologici. Si agisce in un campo minato, pieno di insidie, accerchiato dalla cricca dei depistatori, ma pure disseminato di falsi ricercatori liberi, i cosiddetti gatekeepers, di infiltrati, di agenti di controllo. Stiamo attenti a costoro che divulgano mezza verità per insinuare pericolose e subdole invenzioni, per screditare con i loro eccessi o la loro ambiguità, il gruppo degli investigatori veramente autonomi.
Infine bisogna evitare di personalizzare gli argomenti, di idolatrare astuti messaggeri, latori di messaggi distorti, forvianti. L’abitudine più diffusa è proprio quella di cercare dei totem, ad esempio Leonardo di Caprio, e di dar credito alle loro mistificazioni, perché “l’ha detto lui che è una brava persona e non può mentire”. Siamo ancora all’ipse dixit, al principio di autorità, sennonché questa autorità non è più Aristotele - che resta un filosofo importante, anche se non è la verità personificata - ma un attorucolo o un calciatore, personaggi circonfusi di carisma, ma al servizio del sistema. Sono burattini ventriloqui, fantocci radiocomandati.
Occorre discernimento: impariamo a separare il contenuto dall’autore, valutiamo ogni asserzione, setacciamola, scrutiamola al microscopio, distinguiamo il vero dal falso, il plausibile dall’improbabile. Usiamo l’intuito, oltre al ragionamento. Prima di giungere ad una conclusione, analizziamo con scrupolo il problema, senza essere precipitosi né sensazionalisti. Ricordiamoci che” non esistono poteri buoni”, mai e che le verità non ci sono fornite su un piatto d’argento, ma sono il frutto di un percorso lungo e faticoso. E’ questo l’unico modo per dimostrare di essere teste pensanti e non teste di legno.
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