21 agosto 2013 Lascia un commento
Ma esiste una verita’ unica, precisa, incontestabile? No, non c’e’.
Non c’e’ qui e nemmeno nel libro della moglie. Ian Curtis divenne famoso per voglia e fortuna ma e’ marginale all’interno della storia, la sua storia che solo in parte coincide con la genesi della band seminale Joy Division.
Basato sul libro scritto dalla moglie Debbie, in realta’ le differenze tra pellicola e carta stampata si possono contare e sono parecchie.
Nessuna discrepanza degna di rilievo si badi bene, soltanto diverse conclusioni dalla medesima premessa e anche questo contribuisce all’idea che non esiste un solo modo d’intendere vita e morte di Curtis.
La fine di Curtis e’ nel suo passato, nella sua sensibilita’, nelle sue debolezze, nella sua incapacita’ o dovrei dire, nella sua resa innanzi al futuro.
Sposatosi giovanissimo, il successo da un lato fu voluto, dall’altro si scontro’ frontalmente con l’epilessia, la grave malattia che alla fine ebbe la meglio sui suoi nervi perche’ non fu mai in grado di controllarla.
Con la carriera in piena parabola ascendente ebbe una figlia ma nel contempo incontro’ una donna che amo’ veramente e la cui stessa presenza contribui’ a minare le fragili fondamenta sulle quali poggiava la sua vita.
La sfida tra le due donne, moglie ed amante fu serrata ma certo Curtis non se ne fece un vanto e semmai contirbui’ allo stato di confusione e forse nella scelta finale. Ma queste sono illazioni, restiamo al film.
Corbijn lo conosciamo tutti, grande, grandissimo artista i cui videoclip hanno impreziosito, spesso lanciato, la musica della crema del rock e pop mondiale e bastino due nomi su tutti, Depeche Mode e U2.
Corbijn ha anche l’eta’ e l’esperienza del mestiere di chi in quegli anni li’ muoveva i primi passi artistici e fu testimone del suo racconto e tutta questa passione e la dedizione si sentono in ogni fotogramma del superbo bianco e nero che per scelta, tende a sgranare nel ricordi preziosi di ognuno di noi.
Nondimeno il merito di un film riuscitissimo e’ da attribuirsi agli interpreti tutti ma in special modo Sam Riley e Samantha Morton, i coniugi Curtis, che gia’ dalla presenza scenica, sorprendono e stupiscono per la straordinaria somiglianza con le controparti reali, forse piu’ imbelliti rispetto la realta’. Stravedo per la Morton e Sam Riley e’ immerso nel personaggio come solo Val Kilmer seppe fare con Jim Morrison.
Alla fine non so cosa consigliare e cosa concludere. Ian Curtis, le sue parole, la sua musica, non si esauriscono con un libro e con un film e del resto non siamo qui a parlarne perche’ fu il cantante morto giovane per eccellenza ma perche’ la sua voce risuona ancora nelle nostre anime oggi non piu’ adolescenti e perche’ dove egli non arrivo’, lo fecero molti altri epigoni che allo stesso modo seppero emozionarci.
Potrei comprendere se per qualcuno il film non sappia di molto, per altri sara’ invece sfogliare le pagine di un libro impolverato ma mai dimenticato.