L’algoritmo di Facebook, in evoluzione costante per servire al meglio gli interessi delle persone iscritte al social più popoloso del pianeta [e gli interessi economici di Zuck and friends, eh!], è al centro del dibattito da tempo per la riduzione della reach, della portata organica — non a pagamento — della propria fan base.
Lo stratagemma maggiormente utilizzato per cercare di aumentare il numero di persone raggiunte dai propri contenuti è d tempo quello di postare delle foto, delle immagini. Pare che adesso, in seguito alla “guerra” dichiarata da Facebook al “click baiting” e la grande attenzione ai video, la musica sia cambiata.
Secondo la desk research pubblicata da Socialbakers infatti le foto continuano ad essere il contenuto più postato dai brand su Facebook ma la loro efficacia pare essere decisamente ridotta. Dall’analisi su 670mila post di oltre 4mila fan page di altrettanti brand, condotta tra inizio ottobre 2014 e febbraio di quest’anno, i post con delle immagini risultano essere quelli con la minor reach organica.
Aspetto che pare ulteriormente accentuarsi per le pagine aziendali con un numero superiore ai 100mila fan.
Se certamente si tratta di un’indicazione operativa interessante, che in riferimento specifico alle pagine dei principali quotidiani ha comunque un impatto modesto poiché la portata di queste è garantita dall’ampiezza di like, commenti e condivisioni nella mia esperienza, vi è anche un altro aspetto che è opportuno sottolineare.
Se si escludono le pagine di imprese/brand di grandi dimensioni nella stragrande maggioranza dei casi l’attenzione alla creazione dei contenuti, ed il relativo investimento, e scarsa, sia in termini di linguaggio adattato al proprio pubblico di riferimento che a livello di creatività, proprio a cominciare dalle foto.
Lo ribadisco, il problema di Facebook, e degli altri social, non è l’algoritmo. Il problema è che nel social media marketing la parola chiave che fa la differenza è il termine marketing.