Magazine Informazione regionale

“controriforme” – quelle unioni speciali che non riducono i comuni e aumentano le province

Creato il 17 settembre 2012 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

di Darko Strelnikov

Non tutti i mali vengono per nuocere. E il gota della politica umbra, data ormai la Provincia di Terni per “andata”, si è subito precipitato a studiare come trasformare una perdita in una risorsa per salvare o addirittura moltiplicare posti e poltrone. Si scommette sulla scomparsa totale delle Province (non importa se di nome o di fatto) e ci si prepara a giocare una carta robusta, quella delle unioni speciali dei comuni. Foligno – Spoleto – Valnerina l’hanno già istituita, Perugia sta preparando la sua con Assisi e Todi, l’Orvietano ha già manifestato il suo entusiasmo, l’Alta Umbria non mancherà di far sentire la sua voce e infine Terni, terminata la recita sulla difesa della provincia, si adeguerà. All’appello manca solo il Trasimeno che è troppo piccolo per continuare a reclamare l’enclave, ma che essendo quello che ha brevettato l’idea con uno statuto dell’Unione che è tutto un programma, state sicuri che venderà cara la sua pelle al grido di “mai con Perugia”. Ma cos’è questa roba. Le unioni speciali dovrebbero essere le strutture che sostituiscono le Comunità Montane. Per la serie “morto un papa se ne fa un altro”. Ma qualcuno sta pensando di trasformarle in veri e propri enti di area vasta in grado di assumere tutte o gran parte delle competenze di questa natura. Lo dice lo stesso Assessore Regionale Gianluca Rossi, noto a Palazzo Donini come il grande stratega della riorganizzazione istituzionale umbra. Sentite che dice a proposito dell’accordo siglato tra i comuni della Valle Umbra Sud “ E’ fondamentale che le “aree vaste” presenti nella nostra regione dimostrino sempre di più compattezza e coesione territoriale, non solo geografica ma anche economica, politica e sociale. E’ anche per questa ragione, conclude l’assessore, che tale intesa si ritiene un segnale forte e coerente, oltre che un ulteriore passo verso l’esigenza di riordino e semplificazione dell’architettura istituzionale umbra”. Capito? No? Allora depurate la dichiarazione del politichese inutile e fate mente locale su due parole : “Aree vaste”. Non solo unificazione di servizi, ma anche di funzioni e assunzione di un ruolo diverso da quello per le quali, le Unioni erano state pensate. Ma su questa strada ci sarebbe ancora un ingombro da spostare. L’ingombro si chiama Provincia dell’Umbria. Il Decreto del Governo, come ha ricordato il Ministro Patroni Griffi, sancisce la morte di Terni e l’accorpamento con Perugia. Niente paura, in attesa che qualcuno si decide ad eliminare le province, basta trasformare questo contenitore in uno strumento di mero passaggio, che delega le competenze rimaste a queste nuove realtà. Così invece di perdere una Provincia, l’Umbria ne acquisisce quattro o forse cinque. Ognuna avrà il suo Presidente, il suo Consiglio (forse anche una Giunta come prevede lo statuto del lago). Insomma alcune centinaia di incarichi da assegnare e da distribuire. E’ vero che, come prevede la legge, tutto questo non comporta la corresponsione di gettoni o indennità varie. Ma un costo aggiuntivo esiste e come se esiste! Sfogliate i capitoli rimborsi spese, apparato e affini e avrete la risposta del quanto. Il punto però non è finanziario, ma politico. E’ indubbio che una scelta del genere torna ad alimentare un sistema che occorre superare e da altre occasioni di sopravvivenza a quei potentati locali che sono la causa principale del declino di questa regione. Ma c’è di più. Tanto per non farsi mancare niente, questa scelta fa letteralmente a pezzi la scelta regionale delle 10 unioni studiate per prendere il posto delle Comunità Montane. Verrebbe da dire o l’una o l’altra. Rossi ha scelto l’altra e la Governatrice che ne pensa? In ogni caso, quello che salta agli occhi, è che questa diversa architettura istituzionale non viene istituita per semplificare e ridurre l’intricato, articolato e costosissimo sistema di governo, ma per sostituire quello che va cassato. Cambiamo nome agli enti, ma la sostanza resta la stessa. Non si confonda questa analisi con una presa di posizione contro le unioni dei comuni. Quelle ci vogliono, ma dovrebbero fare altro. Sono le finalità che dovrebbero essere diverse. La messa in rete di alcuni municipi è una operazione che va indirizzata, in una prima fase e come ha indicato il Governo, verso una migliore gestione dei servizi che, soprattutto le entità più piccole, non sono in grado di fare da sole. Tutto questo, in una seconda fase, dovrebbe costituire il trampolino di lancio per la razionalizzazione e la realizzazione di entità comunali, non inferiori ai 15 mila abitanti, in grado di dare risposte soddisfacenti alle domande dei cittadini. Le possibili e successive unioni di queste comunità allargate dovrebbero essere solo di scopo ed orientate ad obbiettivi precisi e, per quanto possibile, limitati nel tempo. In questo quadro sia la griglia a 5, a 6,  che la griglia a 10 sono sbagliate. E sono sbagliate perché sono state pensate per altri scopi, molti dei quali non hanno niente a che vedere con la pubblica amministrazione. In Umbria sarebbe stato necessario associare 17 aree per trasformarle, nel tempo, in altrettanti comuni (Perugia, Magione, Castiglion del Lago, Città della Pieve, Umbertide, Città di Castello, Gubbio, Gualdo Tadino, Foligno, Spoleto, Norcia, Todi, Marsciano, Terni, Narni, Amelia e Orvieto). Solo con una sforbiciata del genere (da 92 a 17) avremmo una nuova struttura istituzionale in grado di interagire e di liberare preziose risorse a carico del territorio. Ma una cosa del genere è possibile solo se si ripristina il primato della politica e si abbatte quello del potere



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :