Pochi giorni fa ho partecipato alla presentazione di un libro dal titolo “Controsole, Fabrizio De Andrè e Creuza de Ma”, di Ferdinando Molteni e Alfonso Amodio, rispettivamente giornalista del “Secolo XIX” e direttore di Radio Savona Sound.
L’evento, condotto da Ezio Guaitamacchi, prevedeva, oltre all’approfondimento letterario, una parte musicale che ha visto come protagonisti Elena Buttiero, Eliana Zunino e lo stesso Ferdinando Molteni.
Il piccolo e grazioso Teatro Sacco di Savona si è dimostrato la miglior location possibile.
Ma perché nelgià sostanzioso mondo della letteratura avente come soggetto Faber si decide di aggiungere un nuovo tassello?
Come spesso accade nella vita degli uomini fantasiosi, basta una scintilla per vedere nascere un fuoco, che poi vivrà una sorta di auto alimentazione naturale.
Nel caso specifico il “dettaglio” è rappresentato dal ritrovamento di una vecchia audiocassetta presente nell’archivio (magari un cassetto che necessitava di un po’ di ordine!) di una radio storica savonese, “Radio Savona Sound”.
La registrazione si riferisce ad un incontro di Fabrizio con gli operatori radio (preferiti ai giornalisti) dopo un concerto svoltosi a Pietra Ligure, l’11 agosto del 1984, il primo ligure di quel tour. L’intervista rappresenta quindi elemento inedito.
La performance ( e l’intervista) avviene a pochi mesi dall’uscita del’album seminale “Creuza de Ma” e da questo avvenimento si prende spunto per analizzare a fondo il disco, dalla genesi sino alla coverizzazioneche ancora prolifica.
Le testimonianze di tanti musicisti importanti(da Mauro Pagani, coautore del progetto, sino a Beppe Gambetta), quelle di collaboratori e compagni di viaggio, aiutano a comprendere a fondo il personaggio, ma soprattutto un album coraggioso, controcorrente, e di inaspettato successo.
Rovistando nei meandri del book si scoprono piccoli particolari che danno nuovi significati alle parole, come la corretta traduzione di “Creuza de Ma”, o il vero intendimento di “Controsole”.
Perché un lavoro coraggioso? Beh, come si può definire un musicista che decide di costruire un nuovo album utilizzando il proprio dialetto (che non è quello universale napoletano), abbandonando la “zona di tranquillità”, quella rappresentata dal conosciuto?
Ma il mio commento personale non potrebbe aggiungere niente al giudizio sull’operadi De Andrè, e credo che ogni lettore potrà trovare un diverso grado di soddisfazione a seconda della sua necessità di approfondimento, con l’alta possibilità che la lettura (o l’ascolto dei brani) possa innescare un interessante effetto domino che alla lunga diventa fonte di arricchimento personale.
Sottolineo invece un piccolo aspetto che mi ha colpito e che mi riporta a certi elementi della musica che tratto con una certa frequenza, senza peraltro arrivare mai ad una conclusione.
Mi riferisco all’utilizzo e all’importanzadelle liriche.
Tra i tanti incontri fatti dagli autori ce n’è uno un po’ … fuori dal coro, quello con Patrizio Fariselli. L’extastierista degli Area, oltre a dichiarare di non conoscere l’album, ammette di non amare la musica con le parole. E’ una posizione estrema, opposta a quella di un qualsiasi cantautore, che di parole (e musica) vive.
Ma mi viene sempre da chiedere a chi ne sa più di me, come si spiega il fatto che da sempre ci innamoriamo di canzoni dai testi incomprensibili (anche se adesso sappiamo più o meno le lingue), senza nemmeno preoccuparci di una traduzione a posteriori.
Forse nella posizione più mediana si potrebbe dire che un testo, e la voce che lo propone, diventano anch’essi musica, alla stessa stregua di quella inventata dal bouzoukitanto utilizzato da Pagani.
E se poi questo testo non è proposto in nessun tipo di lingua ufficiale, ma in un dialetto, spesso inaccessibile agli stessi genovesi (se non hanno avuto “la scuola in casa”), ecco che alcune testimonianze trovate nel libro portano un po’ di conforto alle mie idee.
Beppe Gambetta, grandissimo chitarrista genovese, nei suoi concerti americani (vive negli States molti mesi all’anno) propone sempre brani dialettali di De Andrè. Nessuno ovviamente intende, ma lui dice “… la gente capisce ugualmente la poesia di Fabrizio. Certo, occorre spiegare al pubblico le canzoni, ma il successo è assicurato e immediato”.
Altro inciso è quello relativo a David Byrne, mente dei Talking Heads, che si innamorò di quel disco, tanto da segnalarlo come uno dei più importanti degli anni ’80. E mi immagino che al significato dei testi ci sia arrivato a piccolissimi e cauti passi!
Ma qual è il vero significato di “Crueza de Ma”?Non è una stradina stretta da due muri... una multattiera?
Sempre Gambetta ci propone una nuova “lettura”, appresa da chissà quale marinaio genovese: ”… singolare fenomeno che si verifica quando il vento, soffiando sulla superficie del mare, sembra disegnare una strade che, partendo dalla terra, si inoltra al largo.”
Ascoltiamo un brano suggestivo, Jamin-a,e a seguire qualche momento ( di scarsa qualità) della presentazione, ricordando ancora un aspetto ti assoluto gradimento, la traduzione del libro è nel linguaggio “Braille”, a favore dei non vedenti.