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Convegno sulla fortezza di Gradisca d’Isonzo “Gradisca Ritrovata”

Creato il 09 ottobre 2011 da Mir Gorizia @Ettore_Ribaudo

Patrimonio Culturale

Il mio intervento al Convegno, di sotto la relazione:

La storia del Friuli, ancora quasi assente dalle scuole della ns. Regione e soprattutto dall’università, è fatta sui classici manuali che ci parlano di Romani, Longobardi, Patriarchi, Venezia. Il periodo successivo è quasi trascurato: si dice che dopo la parentesi napoleonica siamo finiti “sotto” l’Austria e, infine, siamo stati “liberati”. Un po’ poco per capire il Friuli attuale. Non è nostro compito fare quelle sintesi divulgative che sono appannaggio degli storici intelligenti, grazie alla collaborazione di valenti archeologhe, noi possiamo immergersi in quelle che si chiamano preistoria e protostoria; insomma, per essere ancora più chiari, nelle epoche che hanno preceduto l’arrivo dei Romani. Speriamo che la collaborazione continui, anche perchè la nostra curiosità circa la vita materiale di quei nostri lontani progenitori non è mai sazia.

I resti che essi ci hanno lasciato sono talora imponenti (tombe e castellieri) e crediamo che queste strutture potrebbero alimentare un certo turismo culturale, che non sia fatto solo da sparute scolaresche. Forse è tardi, avremmo dovuto pensarci parecchi anni fa, prima della distruzione di tante tombe e del danneggiamento di alcuni castellieri di pianura. La forza di queste importanti vestigia sta anche nel numero e nella loro integrità.

Il nostro pensiero va, ovviamente, pure ai castellieri del Carso, ma sopratutto alle ns. Immediate vicinanze che spesso si trovano in posizioni panoramiche di affascinante bellezza.
Un tempo c’erano altre priorità ed ora, come suol dirsi, siamo
in periodo “di crisi”. Crediamo, però, che non sia difficile inserire, negli itinerari turistici regionali, delle visite guidate ai castellieri. Potrà essere l’occasione, fra l’altro, per assaggiare
la nostra cucina, tanto quella carsolina che quella della pianura friulana. C’è ancora molto di genuino e di buono da scoprire dalle nostre parti.

Un merito particolare è stato acquisito dalla politica europea in materia di turismo: la sollecitazione verso i Paesi membri per adottare modelli di sviluppo “compatibile” con la necessità di salvaguardia e tutela dell’ambiente. Necessità tanto più sentita nel turismo, ove l’espansione incontrollata dello sfruttamento del territorio si risolve nella distruzione del bene oggetto stesso di sviluppo. Vale a dire – con espressione cruda ed efficace – la distruzione del capitale. Nel libro Verde sul turismo – documento contenente le linee ispiratrici della politica comunitaria nel settore – viene chiaramente espressa la convinzione che “la necessità di far conoscere varie politiche ad uno stesso fine, fa del turismo un campo d’azione ideale per la realizzazione dello sviluppo sostenibile”. Si può dire, insomma, che proprio nel turismo l’azione comunitaria trova le migliori possibilità di attuazione dei propri programmi.

Notevoli risultati concreti sono possibili attualmente con l’erogazione di fondi comunitari, la cui concessione viene rigidamente condizionata all’osservanza di misure che, per l’appunto, garantiscono la “compatibilità” dei progetti presentati. Caratteristica degli interventi è, oltre alla realizzazione del miglioramento qualitativo dell’offerta turistica, la garanzia che i progetti finanziati rispettino la sostenibilità ambientale del territorio nel quale saranno realizzati.

In dettaglio, il Piano si propone di:

  • introdurre in maniera esplicita il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente; 
  • soddisfare le aspettative di benessere delle attuali popolazioni senza compromettere la capacità di rispondere alle aspettative delle generazioni future.

A favore delle aree protette, la Comunità europea prevede il sostegno di specifici progetti per la realizzazione dei servizi destinati ad una migliore fruibilità delle aree stesse, anche attraverso la divulgazione scientifica e culturale, la sistemazione dei sentieri pedonali, l’avvio di attività culturali, la promozione di attività sportive compatibili. Sarebbe da prevedere una riattivazione dei sentieri antichi non segnati, la creazione di itinerari guidati, una adeguata cartellonistica e la realizzazione di una rete di servizi. Una prima azione sarebbe la costituzione di un Consorzio di operatori, con obiettivi di valorizzazione delle tradizioni locali e per la formazione di figure professionali di supporto alla valorizzazione del parco (guide).

In questo quadro, motivi di interessante novità presenta l’intendimento di introdurre la certificazione di qualità delle imprese di ospitalità e, più ancora la certificazione di qualità dei siti e dei luoghi, per premiare quei Comuni che adotteranno in modo esemplare i criteri di salvaguardia e di valorizzazione dell’ambiente, in armonia con le direttive europee.

In questi ultimi anni è cresciuta notevolmente in Italia l’attenzione per il recupero e la valorizzazione del patrimonio culturale: attenzione cui corrisponde uno sviluppo di nuove forme di turismo sostenibile, in particolare del turismo culturale, che pone sempre più l’accento sui beni del nostro patrimonio storico-artistico. In questo ambito, ha avuto una notevole crescita anche il cosiddetto turismo di prossimità, fenomeno che vede sempre più spesso la gente visitare e tornare a visitare i musei e i beni che insistono sul proprio territorio, nella propria città, (anche se non sempre I ns. Politici fanno di tutto per incentivarla) nella propria provincia o regione, innescando processi di fidelizzazione, che lasciano presagire nuovi modi di avvicinarsi al patrimonio culturale. Tali processi ingenerano una modifica della domanda di svago per il tempo libero, che richiede da parte delle istituzioni nuove risposte. Sembra che oggi finalmente la gente e le istituzioni riscoprano un senso di orgoglio per il proprio patrimonio culturale, il che non era così scontato in Italia, mentre è molto diffuso in altri paesi a noi prossimi: vale per tutti l’esempio della Francia, dove sicuramente questo orgoglio esiste ed è molto sviluppato.
Gli enti locali, in particolare, stanno dimostrando questo nuovo corso, con un comportamento che a me personalmente ha molto colpito.

C’è però un aspetto spesso critico, che è stato ricordato più volte questa mattina: molto spesso capita che si parli di recupero di castelli, di recupero di altri beni, senza avere la più pallida idea di cosa farne una volta recuperati, senza che siano stati predisposti piani di gestione, senza sapere che tipo di recupero deve essere fatto. Ovviamente il recupero deve essere condizionato dall’uso che verrà fatto successivamente del bene e non tutti i castelli -lo si è già detto più volte- possono diventare musei. Possono invece essere individuate finalità diverse, in luoghi di ricettività, compatibili con le regole della tutela.
Le destinazioni dei beni possono essere le più diverse, manca però da parte degli enti locali una cultura in questo senso, ed è da queste considerazioni che è nata la mia idea di proporre, attraverso i ns. Politici, di accedere, ai finanziamenti del programma comunitario INTERREG 3C, Mediterraneo Occidentale (MEDOC), oppure INTERREG 3B (Cadses), per un progetto di recupero e valorizzazione delle ns. innumerevoli meraviglie architettoniche, costituite da Castelli, cinte murazie e fortezze ormai in attesa da anni di riprendere I loro antichi splendori. Nel contempo immettere questi Beni nel circuito Europeo di valorizzazione e scambio culturale. Tale atteggiamento è condiviso da molte regioni italiane e straniere.
A questo progetto, (interreg 3C o 3B) aderiscono otto regioni italiane: Il Piemonte, la Valle D’Aosta, la Liguria, l’Emilia-Romagna, il Lazio, l’Umbria, la Toscana e la Calabria, e due regioni straniere: la Murcia per la Spagna e l’Algarve per il Portogallo, oltre ad un paese non comunitario, il Marocco. Il primo obiettivo di questo progetto è quello di costituire dei modelli e delle buone pratiche per chi deve accingersi al recupero di un bene, in particolare di un castello. Quindi si tratta di offrire una metodologia per individuare le modalità di riuso, di recupero e di valorizzazione, mettendo insieme molte esperienze diverse. L’altro scopo del progetto è quello di creare, ai fini del turismo culturale, una rete di castelli europei in regioni adiacenti al Mediterraneo: un sistema unitario che abbia un logo unico, materiale divulgativo e comunicazione unitari, personale formato secondo principi simili.


Ognuna delle Regioni interessate ha un ruolo preciso, che sarà condiviso da tutti i partners: le Regioni Lazio e Calabria stanno prdispondendo uno studio di fattibilità sul riuso dei castelli, la Regione Emilia-Romagna ha il compito di predisporre il materiale divulgativo, attraverso la creazione di abachi, di carte geografiche, di materiale pubblicitario;
la Valle d’Aosta, insieme alla Toscana e alla Liguria, si sta impegnando nella produzione di una carta di qualità, che preveda standards minimi di accoglienza per quei castelli che vorranno fare parte di questo circuito. Il Piemonte si occupa di predisporre e di realizzare un corso finalizzato a formare il personale che sarà coinvolto nelle visite guidate e nell’accoglienza; la Regione Umbria predispone un sito Internet che sarà condiviso da tutte le altre regioni che partecipano al progetto.

Inoltre sono previsti alcuni convegni a livello internazionale, mentre la Spagna e il Portogallo porteranno avanti un progetto pilota di recupero di alcuni beni. Il Marocco, a sua volta, sarà invitato a partecipare al progetto, sia per beneficiare dell’esperienza degli altri paesi europei, sia per portare sul tavolo comune di discussione e di interazione le proprie esperienze.

Ed il Friuli cosa sta facendo? Ecco perchè auspico che I ns. Politici facciamo di tutto per far entrare in questo circuito il nostro territorio, proprio per non restare isolati e far in modo che le vengano riconosciuti i suoi meriti; siamo o non siamo una Repubblica unica ed indivisibile?

Ambiente, crisi, internet, politica, Politica europea, scuole, sostenibilità, Tag, terna, UE

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