“Conversazione in Sicilia” di Elio Vittorini: svuotare la storia dei suoi precetti

Creato il 09 marzo 2014 da Alessiamocci

Come si sa “Conversazione in Sicilia” fu pubblicato in pieno fascismo, su rivista prima, e per Bompiani a guerra già iniziata poi. Ma è un libro fuori dal tempo, più vicino alla tradizione precedente.

Più vicino a certo Pirandello, quello delle novelle. O vicino al realismo magico. Più vicino ancora al Surrealismo. Più vicino a certa modernità, oltre alla lunga tradizione realista di metà secolo.

Oltre perché Vittorini svuota la storia dei suoi precetti e la riveste di una veste simbolica utile a capire più l’uomo che la Storia, quando la Storia non si capisce, utile ad aiutare a capire, ad aiutare soltanto, attraverso una galleria di personaggi chiave, personaggi archetipi di certa moralità italiana, contraddizioni regine di un regime e di un’epoca.

Il tessuto nudo dello sguardo allucinato di Silvestro fuoriesce nel ritmo della narrazione, un alternarsi di dialoghi e sensazioni incisivo e polisemantico, interessante perché qui Vittorini anticipa certa narrativa successiva con il ripetersi ossessivo di parole, frasi, interi periodi, la cui cadenza è una discesa netta e sentita verso un tentativo di comprensione.

Conversazione in Sicilia è incredibilmente moderno, perché porta nelle ferme tradizioni siciliane il punto di vista e la riflessione di chi vuole capire, e lo lascia cadere in verticale fino al centro di quel mondo.

Si può sentire il rumore che esso fa quando tocca terra, un rimbombo lento che si apre come i cerchi concentrici di un sasso lanciato nel lago, e si propaga a raggio per la Sicilia e non solo.

Colpisce anche stereotipi culturali che sono di quella e di questa epoca, come in ogni vera opera d’arte degna di quel nome. Conversazione lo è, perché intesse una trama simbolica robusta, intaccata solo dalla debole malattia allucinata di uno sguardo curioso, segno che le dittature si combattono con l’intelligenza, segno che la debolezza oltrepassa la forza, e segno che il linguaggio ha un suo ruolo nella letteratura, lo ha, lo deve avere.

E dipende dall’autore, capace in questo caso di immaginare un viaggio verso le proprie radici al confine tra il sogno e la Storia.

Dove le radici si ritrovano, l’aridità della storia si bagna di nuova linfa, e il sogno diventa il mezzo con cui si deve ritornare alle proprie origini senza paura di vederle cambiate, perché la consapevolezza maggiore permette la Comprensione della Storia e di se stessi, e il modo di superarne le contraddizioni.

Written by Alessio Barettini


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