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Convien farina aver di gran calvello...Scuola di cucina toscana per i più piccoli a Villa Petriolo
Da Silviamaestrelli“Convien farina aver di gran calvello, poi menar tanto il staccio o burattello, che n’esca il fiore: e l’acqua calda e quello mescola insieme, e tutto intriderai. Or qui bisogna aver poi buona stiena: la pasta è fine quanto più si mena; se sudi qualche goccia per la pena, rimena pur insin che fatto l’hai. Fatto il pan si vuol porre a lievitare; in qualche loco caldo vorria stare; sopra un letto puossi assai ben fare; che in ordine sia bene aspetterai. Intanto ’l forno è caldo e tu lo spazzi: lo spazzatoio in qua e in là diguazzi, se vi resta di cener certi sprazzi; non l’ha mai netto ben chi cuoce assai. Sente il pan drento quel calduccio e cresce, rigonfia, e l’acqua a poco a poco n’esce; entravi grave e soffice rïesce; d’un pane allor quasi un boccon farai”.
Lorenzo Il Magnifico
Ci stiamo preparando ad un appuntamento delizioso a Villa Petriolo: il prossimo 9 maggio avremo ospiti ben 82 bambini della Scuola dell'Infanzia di Mastromarco (nel Comune di Lamporecchio, PT, con le loro insegnanti), che, guidati dal nostro “quasi fornaio” di casa, l’educatore/animatore Andrea Vagnoli, impareranno l’ antica “arte bianca” dei panificatori per i nostri progetti didattici dedicati ai più piccoli.
In arrivo "Briciole di pane" a Villa Petriolo, un’attività per coinvolgere i bambini in un’esperienza che aumenti le loro conoscenze nell’ambito dell’agricoltura e li faccia partecipare ad un laboratorio divertente in grado di potenziare la loro autostima. Pane, una parola che si coniuga molto facilmente a “casa, amore, famiglia, lavoro, tradizione, calore..”. E perché non a gioco ed avventura? Riscopriamo quello che per i nostri nonni era il re della tavola insieme al vino, il pane. Dalla semina alla cottura, seguiamo due percorsi paralleli (quello della spiga e quello della pagnotta), che portano alla rosetta e alla baguette. Un “quasi fornaio” coinvolge grandi e piccini, regalandoci la magia del pane. I partecipanti vengono muniti di farina, lievito, acqua e sale e realizzano la propria forma di pane, che ovviamente diventa un trofeo personale, da portare a casa e far ammirare. Dalla farina al pane caldo e fumante, due ore e mezzo di laboratorio. Gioco per sporcarsi le mani ed ottenere un QUASI DIPLOMA DI QUASI FORNAIO!
La lavorazione e la cottura del pane sono fasi determinanti, da curare con grande attenzione. Una sapienza d’antica tradizione toscana, di cui rimangono tracce nella celebre Canzona dei fornai di Lorenzo De’ Medici, canto carnascialesco dedicato ai membri dell’omonima Arte, i quali, nei festeggiamenti del 10 agosto per San Lorenzo loro patrono, a Firenze distribuivano pani benedetti e lasagne. Nella zona intorno alla chiesa di San Lorenzo, infatti, abitavano ed avevano forni e botteghe numerosi fornai e negozianti di pasta da minestra. Le botteghe venivano preparate per la festa d'agosto con molta creatività: si presentava il pane in varie fogge, lavorato nelle forme più insolite, attirando così una gran folla.
Il pane toscano si distingue da sempre per l’assenza di sale. Il cosiddetto pane sciapo sembra essere un’usanza che risale Medioevo, legata alla rivalità tra le città di Pisa e Firenze. Si tramanda che i Pisani, per contrastare i Fiorentini, rendessero difficile il commercio del sale, che arrivava via mare nel porto di Pisa, diretto quindi a Firenze. Inoltre, il sale risultava essere un prodotto costoso, sebbene indispensabile, per il popolo minuto, per cui i Fiorentini erano soliti metterne poco nel pane per risparmiare e avere sempre a disposizione questo prezioso nutrimento. Il pane toscano, perciò, nasce sciocco per necessità.
A Villa Petriolo, nei prossimi giorni, si imparerà, divertendoci, tutto questo ed anche di più …
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