[Cooking Jungle] Poi per ora mi è presa questa cosa che chiamo cucinare a memoria. Quando mangio solo e mi sento ben disposto, mi ripropongo una ricetta già sperimentata in altre occasioni, ma senza consultarla. Dimenticando le dosi o addirittura qualche ingrediente, non importa: ricerco le sensazioni, gli odori della prima volta, l'affetto in me quella volta e per quelle persone. È a questo punto che posso pensare a delle varianti: solo quando non sto modificando una ricetta, ma un sapore in me. Così è successo con il salame di cioccolato, fino a diventare un gioco da ragazzi.
Credo sia un modo più sano, e comunque per me più autentico, di vivere le suggestioni della cucina. Gioco con la mia memoria come con una scatola del piccolo chimico, faccio galleggiare procedure e avvertimenti, mi sgrasso dei pregiudizi, osservo lievitare la mia manualità nel fare, come se la memoria fosse nella forza che ci metto. La memoria non è tra schede e ricette, sta nella pelle che respira, nelle dita, negli occhi, nelle orecchie, in una sensuale disciplina dell'essere, nel mondo che entra in me. Magari è così che funziona, è memoria nel ricreare e, solo attraverso di esso, nel creare.
È così che mi prendo cura di chi amo: ripasso le formule e sciorino incantesimi per sbaglio.