![Cope2013_PICCOLA300[1] Cope2013_PICCOLA300[1]](http://m2.paperblog.com/i/157/1572186/cooperazione-e-volontariato-internazionale-in-L-sUlmlT.jpeg)
Le cosiddette Ong, e cioè le organizzazioni non governative che appartengono al Terzo Settore, in Italia sono ben 248. Quelle, almeno, che hanno ottenuto già il riconoscimento ufficiale del ministero degli Esteri nel nostro Paese.
Le più datate e le più note sono nate negli anni ’60, per cui hanno al loro attivo ormai più di 40 anni di servizio sul campo nei Paesi in via di sviluppo (PVS).
Sono finanziate, soltanto in parte e specie negli ultimi anni, dal nostro ministero ma in prevalenza da enti pubblici o dai privati.
E i denari sono sempre pochi sia per mantenere in piedi l’organizzazione stessa sia ,spesso, per riuscire a portare a termine i progetti, che impostano nei differenti Paesi in cui sono presenti.
Secondo dati attendibili, e riportati in un articolo di Vladimiro Polchi sul quotidiano Repubblica di lunedì, 7 gennaio2013, i progetti impostati dalle Ong italiane sono attualmente 3 mila,distribuiti in 84 Paesi del mondo. Il personale impiegato è di 5.500 unità e la somma complessiva gestita è di350 milioni di euro l’anno.
Le più importanti, in rapporto alle somme di denaro disponibili e dichiarate sono in ordine “Medici senza frontiere”(50 milioni),”Action Aid” (48 milioni), “Save the Children” (45milioni),
“Coopi” (Cooperazione internazionale con 35 milioni), “Cesvi”(Cooperazione e sviluppo con 33 milioni), “Emergency” (30 milioni), “Avsi” (Associazione volontari per il servizio internazionale con 28 milioni),”Intersos” (18 milioni), “Cisp” (Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli con 16 milioni) e, infine, “Vis”(Volontariato internazionale per lo sviluppo con 16 milioni ugualmente). Naturalmente si parla di milioni di euro.
Se il discorso si allarga, come prospetta il Polchi nell’articolo del noto quotidiano, al resto del mondo, tutte le Ong (50 mila organizzazioni) racimolano complessivamente oltre 10 miliardi di finanziamenti per un totale di 140 milioni di volontari impegnati(fonte Onu).
L’interrogativo che sta a cuore un po’ a tutti, allora, è come sono spesi effettivamente questi denari dal momento che povertà, malattie e istruzione carente permangono in queste realtà disagiate ?
Senza necessariamente essere polemici per partito preso c’è da dire che tutto il problema “cooperazione” è qualcosa di enormemente complesso tanto che i progetti, che non riescono ad essere portati a termine, gettano poi inevitabilmente discredito sull’organizzazione in questione e questo certo non le giova.
Pertanto una richiesta di ulteriore e maggiore trasparenza sulle modalità di gestione e uso del denaro è indispensabile. E non ha fatto male la Corte dei conti quando, nel luglio passato, ha chiesto alle Ong maggiori controlli su entrate e uscite.
Chi non ha nulla da temere ,non ha, infatti, motivo di sottrarsi.
E’ con grande piacere, invece, che si attende l’uscita in libreria de “L’industria della carità” per il prossimo 17 gennaio, per conto dell’editore “Chiarelettere”. Si tratta di un libro di Valentina Furlanetto, che ci consentirà di comprendere meglio e di più il fenomeno nel suo insieme, senza partigianerie.
Ciò vuol dire che senza trovare attenuanti per chi gestisce male il denaro destinato alla gente,che vive in realtà meno fortunate delle nostre,occorre anche riconoscere che spesso, e con prezzi personali "molto alti”, il volontariato internazionale, appunto con i dovuti distinguo, colma parecchi buchi del welfare di casa nostra e non solo.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
