Secondo la redazione della rubrica, o per meglio dire, “officina letteraria del TG1: Billy, il vizio di leggere”, il libro dell’anno è “Gli occhi di mia figlia” di Vittoria Coppola. Rivaleggiando con altri undici titoli usciti nel 2011, scritti da autori del calibro di Dacia Maraini, Giampaolo Pansa, Pietrangelo Buttafuoco, Federica Manzon, Mariapia Veladiano ed altri ancora, il volume, pubblicato dal piccolo editore salentino Lupo, è rapidamente diventato un piccolo caso editoriale nazionale.Totalizzando 160 mila voti on-line, su un totale di 581 mila, oggi il libro è una bellissima realtà che, con ogni probabilità, senza la forza del web, non sarebbe stata possibile. Sulla scorta della positiva esperienza che lo scorso anno, ha visto come protagonista, un’altra giovane autrice, Sivia Avallone con il romanzo “Acciaio”, Coopsette, in occasione dell’ormai prossimo 8 marzo, si appresta ad ospitare l’autrice Vittoria Coppola. Come ha commentato il suo editore, Cosimo Lupo su Facebook: “… non siamo noi a vincere ma è la lettura, la scrittura e quell’odore che solo i libri hanno…”.<br>
<br>
In occasione dell’incontro pubblico, appositamente organizzato da <b>Coopsette, l’autrice sarà intervistata da Massimiliano Panarari</b>. All’autorevole giornalista, nonché politologo e saggista, è stato affidato il compito di analizzare la fenomenologia del “caso” generato dal romanzo e dalla sua giovane autrice. L’appuntamento è quindi fissato per giovedì <b>8 marzo 2012 alle ore 16:30 presso la Sala Conferenze Coopsette in via S.Biagio 75 a Castelnovo Sotto (RE)</b>.<br>
<br>
<b>Il romanzo</b>: quale ruolo gioca il destino nello svolgersi della nostra esistenza? E quanto di “nostro” c’è invece nell’imboccare strade sbagliate che porteranno inevitabilmente all’infelicità? In questa storia di “non detti”, in cui egoismi e fragilità vanno a comporre un perfetto, perverso incastro, è rappresentato il misterioso e contraddittorio universo dei sentimenti umani: non basta essere genitori per saper comprendere i propri figli ed amarli come meritano; non basta essere giovani e di cuore aperto per essere pronti ad affrontare la vita, né essere innamorati per non farsi complici della propria ed altrui sofferenza. Dana, pur nei privilegi di ragazza circondata da benessere e raffinatezza, è soffocata dalla coltre iperprotettiva di una madre che ha deciso il suo futuro, ma la sua passione per André, fascinoso pittore di donne senza sguardo, si rivela una fuga più grande della sua acerba giovinezza, incapace di reggere all’infrangersi di un sogno.<br>
Armando, l’uomo che le offre un amore devoto e remissivo, nasconde un segreto destinato ad esplodere in modo bruciante. Eppure esistono legami che sopravvivono al tempo e sono pronti a riservare luminose sorprese, nei giochi del caso e nel risveglio di coscienze troppo a lungo sopite. Una storia di solitudini e di scelte, nella quale regge sovrana la solidità dell’amicizia, l’unica che non tradisce.<br>
<br>
<br>
<b>Massimiliano Panarari</b> è nato a Reggio Emilia il 14/12/1971. Collaboratore del Gruppo L’Espresso, svolge attività libero-professionale di consulente di comunicazione pubblica e politica. Collaboratore presso la cattedra di Teorie e tecnica della comunicazione pubblica dell’università Iulm di Milano e docente Maspi. Consulente per la saggistica di Fazi editore; è stato responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne di Ervet – Emilia-Romagna Valorizzazione Economica Territorio SpA (l’Agenzia di sviluppo territoriale emiliano-romagnola).<br>
Massimiliano Panarari ha pubblicato, nel 2010, "L’egemonia sottoculturale. L’Italia da Gramsci al gossip" (Einaudi): <i>"Perché oggi, finita e strafinita l’egemonia culturale della sinistra, trionfa un’egemonia sottoculturale prodotta dall’adattamento ai gusti nostrani del pensiero unico neoliberale, in quel frullato di cronaca nera e cronaca rosa, condito da vip assortiti, che sono diventati i nostri mezzi di comunicazione, ormai definitivamente dei «mezzi di distrazione di massa». <br>
E il paradosso è che molte delle tecniche di comunicazione che oggi innervano la società dello spettacolo sono nate dalla contestazione del Sessantotto, dai movimenti degli anni Settanta e dalle riflessioni sul post-moderno degli anni Ottanta.<br>
E così, in un cortocircuito di tremenda forza mediatica, il situazionista Antonio Ricci produce televisione commerciale di enorme popolarità, Signorini dirige con mano sicura il suo postmodernissimo impero «nazionalgossiparo», i reality più vari sdoganano il Panopticon di Bentham e Foucault per le masse.
Una riflessione originale sulla costruzione del nostro immaginario contemporaneo, che getta luce sul lato nascosto (e serissimo) della frivola cultura pop in cui siamo tutti immersi."</i><br><br>