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"coordinate d'oriente" di alessandro perissinotto

Creato il 19 novembre 2014 da Fabrizio64
Dopo Semina il vento del 2011 e lo splendido Le colpe dei padri, che avrebbe senz’altro meritato l’assegnazione del Premio Strega edizione 2013 e non il secondo posto, Alessandro Perissinotto ci dona "Coordinate d’oriente"(Piemme), romanzo che parte lento e sonnecchiante, si ravviva cammin facendo, per poi esplodere nella volata finale, dove le lacrime che si erano via via condensate ineluttabilmente si sciolgono.Fra Shanghai e Torino, fra tragedie, abbandoni e nuovi incontri, fra uno spazio (“semplice indicazione di rotta,…annuncio,…presagio di città,…profezia”) e un luogo (“identitario, relazionale e storico”), fra semafori e alberi, crocevia di morti filiali devastanti e sopraggiunte empatie tra la pirandelliana Jin e il tutto senso di colpa, del dovere e di responsabilità Pietro, la narrazione procede per fotogrammi e a più dimensioni: il lettore sente i sapori dei cibi d’oriente, gli odori acri, pungenti, delicati o sgradevoli che aleggiano nelle stradine caotiche delle megalopoli cinesi e si addensano nelle abitazioni private e nei locali pubblici; ascolta le parole che veleggiano nei dialoghi e che assumono valore e consistenza solo grazie alle diverse intonazioni conferite ad esse dai personaggi, parole il cui ritmo cadenza e ticchetta l’incedere delle frasi (“Una chela di granchio, un uovo cotto nel sale, delle fave lunghe e nere, dei blocchi che sembrano torrone, e, naturalmente, spiedini, involtini, carne di maiale. Nel vicolo si vende solo cibo, cotto e crudo, vegetale e animale: roba che camminava, che volava, che strisciava, che ronzava, che ragliava, che pigolava, che nuotava, che gracidava, a sangue caldo, a sangue freddo, senza sangue”); vede i colori, le miriadi di tinte che salterellando sbucano dagli stralci di vita tratteggiati da Perissinotto; sente le note delle sonate di Stockhausen, Offenbach, Ravel, Satie, Berg, eseguite dalle mani di donna delle pulizie e di artista di Jin. Nel sottofondo si intravede la rivoluzione culturale maoista, con il suo retrogusto acido, che fa da contraltare all’erotismo velatamente evocato mediante le pagine de L’amantedi Marguerite Duras e di Eros dans un train chinois di René Depestre.Ognuno ha bisogno di raccontare e di essere raccontato e la voce narrante, la voce fuori scena, e poi dentro la scena, che compie questa opera maieutica è proprio quella dell’Autore, il quale, lungo il suo viaggio - reale ed affettivo, immaginario, immaginifico e concreto -  in Cina, aiuta le storie “a uscire, a farsi strada nella confusione dei fatti che si affastellano”.
Fabrizio Giulimondi

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