Succede a Copenhagen ed è la dimostrazione che le città di oggi sono organismi viventi in grado di riadattarsi agli eventi, alle tecnologie che cambiano e alle nuove necessità degli abitanti.
Dopo l’alluvione del 2011, che ha portato alla città 1 miliardo e 400 milioni di danni, la capitale danese, da sempre in prima linea sui temi dello sviluppo sostenibile, ha deciso di sfidare il cambiamento climatico.
Con l’approvazione, nel 2012, del piano di adattamento al clima (“Copenhagen Climate Plan”) si comincia a intervenire sui quartieri. Il progetto dello studio di architettura Tredje Natur, degli architetti Flemming Rafn Thomsen e Ole Schrøder, ha previsto in particolare una decisa trasformazione delle vie e delle piazze del quartiere San Kjeld, antica zona operaia vicina al porto della città. Come? Con spazi verdi, piste ciclabili, sostituzione di pavimentazioni impermeabili con prati e mini parchi urbani, ma anche con la sopraelevazione dei marciapiedi per la raccolta e il deflusso delle acque in eccesso verso il porto. Dunque a Copenhagen il “climate change” accusato in molte parti d’Europa e non solo diventa trampolino di lancio per miglioramenti ma anche sfida per trasformare i quartieri della città in luoghi dove le migliori soluzioni tecnologiche possono essere rappresentate e sfruttate appieno.