Alla fine la Corte suprema Usa ha deciso che il Doma (Defense Of Marriage Act) è incostituzionale. In base a tale atto il governo federale poteva scegliere di non applicare alle coppie gay sposate, in quegli Stati Usa dove esiste il matrimonio omosessuale, quei benefici che sono concessi alle famiglie eterosessuali.
Il caso era stato portato davanti alla Corte Suprema da Edie Windsor a cui il fisco aveva negato il rimborso degli oltre 300mila dollari che aveva pagato per le tasse che aveva pagato per l’eredità a seguito della morte di sua moglie Thea, con la quale aveva vissuto 42 anni ed era state unite in matrimonio da due: in caso di una coppia eterosessuale queste tasse non sarebbero state dovute. Alla fine Edie ha sfidato il governo ed alla fine ha vinto.
Ovviamente l’incostituzionalità del Doma non prevede che in tutto il territorio americano sia legale il matrimonio per le coppie dello stesso sesso e la decisione se introdurlo rimarrà ai singoli Stati.
Non sono mancate le reazioni da parte del mondo cattolico. Il cardinale di New York e presidente della Conferenza episcopale americana, Timothy Dolan ha parlato di «una giornata tragica per il matrimonio e per la nazione»: forse gli americani, parlando di tragedie, avranno più in mente l’attacco di Pearl Harbor del 1941 o quello alle Torri Gemelle l’11 settembre 2001.
Non poteva mancare il commento dell’organo ufficiale della Santa Sede L’Osservatore Romano secondo cui la decisione della Corte suprema «è una sconfitta per una gran parte di americani» in quanto «il matrimonio gay è accettato in soli dodici Stati». Bisogna prima di tutto precisare che la maggioranza degli americani – secondo quando ha rilevato un sondaggio Gallup – è a favore dell’introduzione del matrimonio omosessuale ed in ogni caso resterà l’autonomia dei singoli Stati che potranno decidere se allargare l’istituto del matrimonio anche per le coppie dello stesso sesso: insomma la gran parte degli americani non è stata affatto sconfitta.
Sempre L’Osservatore Romano è del parere che «si sostiene in questo modo implicitamente un’altra affermazione non fondata: che il matrimonio faccia parte dei diritti umani». Bisogna specificare che l’articolo 12 della “Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali” prevede che «A partire dall’età minima per contrarre matrimonio, l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto». Per quanto riguarda le coppie omosessuali, nella sentenza Schalk e Kopf vs Austria, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo «non ritiene che il diritto al matrimonio sancito dall’articolo 12 deve in ogni caso essere limitato al matrimonio tra due persone di sesso opposto». Perciò il matrimonio non farà parte dei diritti umani per L’Osservatore Romano ma lo è per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo anche per quanto riguarda le coppie omosessuali.
Come detto la decisione della Corte suprema riguarda solo gli aspetti fiscali e la battaglia per il matrimonio omosessuale dovrà essere combattuta in ogni singolo Stato. Percepisce bene questa sottigliezza il quotidano dei vescovi italiani Avvenire che titola “Love & Business”: «Ci si ama, e ci si sposa, non per donarsi a qualcuno, per accogliere e generare la vita anche nell’interesse della società, ma perché la società ci deve qualcosa in ragione del nostro “sentimento”: diritti, riconoscimenti, sconti fiscali. “Love is love”, dunque. Come “business is business”. Non di soli affetti… ». Forse ad Avvenire sfugge che – Doma o meno – attualmente circa 100mila coppie dello stesso sesso si sono sposate solo in virtù dell’amore che le lega. Se sposarsi significa non avere la possibilità di richiedere «diritti, riconoscimenti, sconti fiscali» allora non si capisce come mai il Forum delle Famiglie proprio su Avvenire abbia richiesto di «spostare un punto di Pil in favore delle famiglie e prevedere meno tasse per le famiglie che hanno più figli»: alla fine – seguendo il ragionamento del quotidiano della Cei – basterebbe solo l’amore ed è inutile richiedere diritti a quella società che è composta – piaccia o no ad Avvenire – anche da famiglie omosessuali che lavorano e pagano le tasse.
Parafrasando Avvenire che titola “Love & Business” potremmo invece titolare “Gay love and richness for all”: infatti l’introduzione del matrimonio omosessuale ha ripercussioni positive – anche di natura economica – per tutta la società. Nonostante il matrimonio per le coppie dello stesso sesso sia una conquista in termini di diritti civili in cui i calcoli macroeconomici sono secondari, è interessante notare come la sua introduzione dovrebbe essere una priorità per l’intera società. Come riporta il Los Angeles Times «nel corso dei prossimi tre anni, secondo il Williams Institute, un think tank della facoltà di legge dell’università della California, nella sola California, il bilancio dello Stato potrebbe vedere un guadagno di 40 milioni di dollari per entrate fiscali relative alle nozze omosessuali. Secondo il Congressional Budget Office il governo federale potrebbe guadagnare dai 500 milioni ai 700 milioni di dollari all’anno in tasse con il gettito dei matrimoni appena riconosciuti». Non sono solo queste le uniche conseguenze postive – solo in termini economici – per la società. Sempre per il giornale di Los Angeles «secondo il Williams Institute, nel corso dei prossimi tre anni, 37mila coppie dello stesso sesso dovrebbero sposarsi in California e potrebbero generare 492 milioni dollari di fatturato per le imprese dello Stato».
Perciò forse ha ragione Avvenire a parlare di “Love & Business”. Love sicuramente è quello che ha spinto tante coppie omosessuali a sposarsi o a vivere assieme ma “Love” è anche quello delle stesse coppie che – in virtù di questo riconoscimento giuridico – saranno tassate e contribuiranno ai bisogni dell’intera società: “Love” nei confronti dell’intera comunità. C’è ovviamente – come in tutte le situazioni – anche una componente di “business” nei guadagni per le aziende che forniscono servizi per i matrimoni: considerato tutto questo come si può parlare di «una giornata tragica per il matrimonio e per la nazione» così come fa il cardinale Dolan?
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