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La storia di Coraline, tratta da un romanzo di Neil Gaiman, è quella di una bambina annoiata, o piuttosto ignorata. Non c'è modo che qualcuno comprenda subito nemmeno il suo nome, tutti la chiamano Caroline: viene il dubbio che il tutto sia stato una distrazione all'ufficio anagrafe dei sogni o di questi genitori troppo impegnati. Già, perché sono loro il problema della ragazzina: appena trasferitisi in una casa fuori dalla città e, sembra, dal mondo civilizzato, papà e mamma Jones sono troppo impegnati a completare un lavoro da cui sembra derivare il futuro professionale di entrambi. Coraline viene pertanto lasciata sola in quella vecchia costruzione di legno, una di quelle case che risuonano sotto i piedi, abitate più da topi che da fantasmi. La bambina trova così una porticina che la notte magicamente si apre ai suoi desideri: attraverso questo magico ingresso, Coraline si trova in un mondo speculare al suo, casa uguale, ma pulita e genitori quasi uguali, ma più buoni.
Certo, c'è quella storia dei bottoni al posto degli occhi, è un po' come ne Il mago di Oz, dove ognuno ottiene ciò che più desidera, purché sappia indossare gli occhiali che filtrano la realtà e i colori. Ma sembra tutto così perfetto che la ragazzina - pur ben consapevole della stranezza, ma troppo legata ai suoi sogni - ci passa sopra. Finalmente Coraline può godersi una mamma che cucina e l'ascolta, un papà che non sta più alla tastiera di un computer a completare un catalogo dall'aria invero piuttosto noiosa, ma suona un pianoforte e, a modo suo, si fa ascoltare. E non solo lui: tutto, con estro pitagorico, sembra avere un suono che nella vita normale s'è perduto, anche il gatto dei vicini, che le parla e la guida in questo circo surreale degli affetti. Tutto ha una voce, un suono, tranne il piccolo e molesto amichetto di Coraline, Wyborne, ovvero Wybie, nipote della padrona della casa dove la famiglia Jones ormai si è insediata.
In Coraline e la porta magica il mondo si sviluppa come lo sbocciare di un fiore: si apre, in nuovi profumi, a forme e a colori, svela il suo fondo e irretisce la piccola protagonista nelle sue meraviglie. Le lusinghe dell'Altra Madre sono quelle di un circo ristretto, sketch gradevoli o splendidi, eppure essenziali. Non c'è una realtà parallela, ma solo quel che serve per irretire. La vita vera vi appare molto più grande e avventurosa della ristretta fantasia di una donna incapace di amore. Alcuni aspetti, anche importanti, sono poco chiari nel film (anche a una terza visione, qual è la mia): e, secondo me, avrebbero bisogno di qualche spiegazione in più, anche sotto forma di storie, che solo il libro potrebbe dare. Per esempio, non è chiaro quanto profondo sia il discorso che si fa sui bottoni al posto degli occhi: ovvio che i bottoni vengono visti, mentre gli occhi vedono, ma mi sembra che manchi qualche passaggio. Stesso dicasi con gli spiritelli - o piuttosto angioletti - che Coraline incontra dietro lo specchio e che generosamente vuol salvare.
Tuttavia è vero che la favola non perde per questo una briciola di fascino o significato: senza avere lo smalto di un film di Tim Burton, a cui locandina e uso ricorrente del grottesco sembrano rimandare in continuazione, Coraline e la porta magica è un gran bel film e una favola davvero importante, educativa quant'altre mai. A questi bimbi di oggi, che troppo presto vedono il mondo come i loro genitori si sono rassegnati a vivere, regala l'importanza di guardare fino in fondo, fino all'essenza delle cose, e di rivestire l'affetto e le debolezze di ciò di cui loro - e non altri - sono capaci.
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