La proposta coinvolge enti attivi in Asia, Europa, America Latina e Nord America, fra le quali Amnesty International, la “Federazione Internazionale per i Diritti Umani” (FIDH), Human Rights Watch (Hrw), “Open North Korea”, “International Center for Transitional Justice” (ICTJ), e tante organizzazioni di ispirazione cristiana come “Christian Solidarity Worldwide” (CSW). Queste organizzazioni mettono in rilievo la presenza di “campi di prigionia e rieducazione” diffusi in Nord Corea dove sono rinchiusi oltre 200mila cittadini nordocoreani, sottoposti a torture e a trattamenti crudeli e disumani. Moltissimi sono i prigionieri detenuti per motivi religiosi o meglio, per l’unico motivo di credere in Dio. Molti altri sono per ragioni politiche, spesso detenuti a vita, subiscono la fame e il lavoro forzato.
Mons. Peter Kang, vescovo di Cheju e Presidente della Conferenza Episcopale della Corea del Sud, vede l’iniziativa con favore e dichiara all’Agenzia Fides: «L’Onu, con la sua autorità, è l’unico organismo deputato per una indagine di tal genere. Sarebbe un gesto di carità verso il popolo nordcoreano, oppresso da un regime dittatoriale, e sarebbe l’unica possibilità e speranza di vita offerta a tutti coloro che soffrono e muoiono nei campi di prigionia al Nord. Siamo molto preoccupati per le violazioni dei diritti umani e i crimini contro il popolo nordocoreano – spiega il Vescovo – ma desideriamo tenere aperti i canali di dialogo e di aiuto umanitario per tenere viva la speranza di riconciliazione e della rinascita della fede cristiana nel Nord». Il regime dittatoriale nordcoreano è ufficialmente ateo, il 65 % della popolazione si dichiara “irreligioso” e secondo una classifica pubblicata da Open Doors, la Corea del Nord è attualmente il paese con la più grave persecuzione dei cristiani nel mondo.