Ora sono fermo davanti alla mia macchina parcheggiata in discesa e guardo volteggiare una cornacchia sulle cime dei palazzi nell’alba fredda di città. Il suo petto grigio sorvola i bei terrazzi lussureggianti di piante verdi, il suo gracidare è l’unico rumore che si espande nel quartiere a questo punto della notte. Ogni mattina vengo qui per ascoltare il canto che stride con la pace della città, mentre apro lo sportello della macchina alzo gli occhi e guardo queste marionette volatili con i becchi pieni di pane. Si dice che in certi quartieri di Roma scendano in picchiata dai rami dei pini, puntando i passanti e colpendoli sulla testa con un battito d’ali forte e un colpo di becco duro. Io per loro, invece, sono una formica viva che non emette alcun verso, un punto minuscolo nel grande mondo sottostante, io sono un piccolo fuoco vivo nel gelo del mattino degli uomini. Fra poco cadranno le foglie dagli alberi e ogni alba sarà più fredda della precedente, tra poco non spunterà più neanche la radice di un solo filo d’erba. Ma io continuerò a venire qui tutte le mattine ad ascoltare il verso delle cornacchie che sembra percuotano, ridendo nervosamente, le mascelle del mondo.
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Adélia Prado, DALL’ANIMA
È nato nel mio giardino un cespuglio
che fa fiori gialli.
Ogni mattina vado lì per sentire il ronzio
dell’insetteria in festa.
Ci sono ronzii di ogni tipo:
di grossi, di sottili, di apprendisti e di maestri.
È zampa, è ala, è bocca, è becco,
è granello di polvere e polline nel falò del sole.
Sembra che l’alberello chiacchieri.