Corradino Mineo, ex direttore di RaiNews24, e attuale senatore del Pd, con un'uscita destinata a sollevare polemiche, rompe il coro di consensi unanimi verso il presidente della Repubblica. "La responsabilità di Napolitano è gravissima, perché avrebbe dovuto dare l'incarico pieno a Bersani", dice Mineo intervenendo ad Agorà su Rai3.
"Se la situazione di stallo continua - aggiunge - azzarderei la scelta di fare le commissioni. Da questo punto di vista, do perfino ragione al Movimento 5 Stelle". Quanto al prossimo capo dello Stato, il senatore democratico osserva: "Deve essere uno che ci mette la faccia, che vada anche a prendersi i fischi, che cerchi di rinsaldare il rapporto tra cittadini e istituzioni, uno che rispetti le leggi e che non si presenti come un accordo di Palazzo. Se il Pdl è d'accordo con un identikit di questo tipo, benissimo, ma rifiuto l'idea che sul Presidente della Repubblica si faccia una pastetta". Infine, un giudizio sui possibili candidati: "A me piace la Bonino e mi piace anche Rodotà".
Quella di Mineo non è l'unica dichiarazione sopra le righe in arrivo dal Pd. In in partito che pare sempre più in preda a convulsioni e scontri sotterranei, Roberto Reggi, fedelissimo di Matteo Renzi, sostiene oggi in un'intervista al Quotidiano Nazionale che "Berlusconi e Bersani hanno paura del rinnovamento e in questo senso discutono anche di un possibile governo per sbarrare la strada a Matteo Renzi e "non solo a lui. Tra Pd e Pdl, mi pare che l'unica logica sia quella di trovare un presidente della Repubblica che consenta a Berlusconi di evitare i processi e a Bersani di formare un governo" (Fonte: Repubblica.it)
Questo post potrebbe intitolarsi: "Riuscirà Napolitano a rovinare in
sei mesi l'immagine di se che ha costruito in sei anni e mezzo?"
Io, come tanti, ho apprezzato la scelta di Monti per la guida del governo in uno scorcio di legislatura caratterizzato dal rischio concreto di fare la fine della Grecia, e ho tollerato persino provvedimenti economici durissimi, ma forse necessitati, nel novembre 2011.
Trascorsa la fase dell'emergenza, nessuno è riuscito ad avvistare né la fase dell'equità, né quella dell'impulso alla crescita. Dopo i primi due mesi di governo, Monti ha iniziato - se non con la complicità, con la tolleranza di Napolitano - una lunga fase di galleggiamento che, come avremmo gradualmente scoperto in seguito, è stata usata da Monti per la più oscena delle operazioni: la preparazione della sua "salita in politica", fatta sfruttando la visibilità che aveva conquistato come Cincinnato Salvatore Della Patria.
Tutti ricordiamo ancora il rapidissimo passaggio dalla fase "non si può toccare niente, se togliamo l'IMU poi dobbiamo rimetterla raddoppiata", alla visione delle "lucine in fondo al tunnel" (che nessuna istituzione economica vedeva), funzionale alla "salita in campo" che ovviamente innescava la gara delle promesse (a chi le spara più grosse). La gara del Prosciutto Rovagnati. Chi ne offre di più?
Avrebbe potuto chiederglielo a muso duro nelle segrete stanze, anche minacciando il ricorso a un devastante "messaggio alle Camere", così come avrebbe potuto suggerire discretamente a Bersani di chiedere una verifica della fiducia in Parlamento.
Napolitano non lo ha fatto, semplicemente perchè sfiduciare Monti avrebbe significato sfiduciare se stesso e le sue proprie scelte. E non lo ha fatto perchè ha sempre sopravvalutato i poteri salvifici di Monti in termini di rapporti con la BCE, l'Europa, e i mitici mercati. E la prova della sopravvalutazione di Monti Salvavita la si è avuta all'inizio degli scrutini, quando - seppur per poche ore - gli exit-polls davano il centro-sinistra largamente vincente sia alla Camera che al Senato, e lo spread premiava il komunista Bersani precipitando a quota 250 (quota che il salvifico Monti non aveva mai avvistato, neanche col cannocchiale).
L'unica ipotesi ragionevole era quella di Bersani: un governo senza maggioranza precostituita, che sarebbe andato in Senato a chiedere la fiducia su un "programma che non si poteva rifiutare". Forse l'avrebbe ottenuta, più probabilmente no. Ma in tal caso avrebbe denudato i partiti dei cazzari e dei pregiudicati, costringendoli ad assumersi agli occhi dell'opinione pubblica TUTTA la colpa di aver impedito di fare le riforme possibili.
Al termine - de factu - del tentativo di Bersani, Napolitano ha scelto la strada peggiore: quella di tenere in vita, con le flebo, il governo Monti (che, ricordiamolo, di fatto non è stato MAI formalmente sfiduciato, e quindi può muoversi ben oltre l'ordinaria amministrazione). Ha prodotto l'oscena invenzione dei Dieci Grandi Saggi che - come tutti sanno, ma solo Onida ha sempre detto, a microfoni spenti e a microfoni aperti, è un placebo per tirare fino al 18 aprile, giorno in cui inizieranno le votazioni per l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Conosco l'obiezione: non si può tornare al voto con questa legge elettorale. Verissimo. Ma allora non bisognava inventarsi i Dieci Saggi (fra i quali, non dimentichiamolo, siedono anche tali Giorgetti e Quagliariello... absit iniuria verbis...). Molto più utilmente - e realisticamente - avrebbe potuto chiedere a tre costituzionalisti autorevoli e di chiara fama di produrre in una settimana una proposta di legge elettorale da sottoporre alle aule.
O, ancor più facilmente, avrebbe potuto convocare coloro che gridano "al voto, al voto!", e spiegare che se avessero fatto la cosa non perfetta ma più rapida e più semplice (la cancellazione della legge-porcata, che avrebbe condotto quasi automaticamente al ritorno obbligato al Mattarellum, non bello ma neanche puzzolente), lui avrebbe sciolto le camere e indetto nuove elezioni un minuto dopo. Non lo ha fatto.
Non lo ha fatto, perchè sospetto che, sopravvalutando l'effetto da elisir si lunga vita di uno squalificato Monti sui mitici Mercati e sull'Europa, sta di fatto manovrando per obbligare le forze politiche al altri lunghi mesi di galleggiamento, guidate da un tizio che ricomincerebbe a galleggiare senza avere più neanche quell'autorevolezza che aveva nel novembre del 2011: un figlioccio di Casini, a sua volta figlioccio di Forlani.
Caro Napolitano, uma brutta uscita di scena, che lei avrebbe potuto risparmiare a noi, ma anche a se stesso.
Certo, anche a me piacerebbe, per una volta, una donna al Quirinale. Ed ho persino il mio consiglio per gli acquisti, appena sussurrato: una donna di grande cultura politica, e di indiscussa statura morale: Barbara Spinelli.
Il problema che mi spinge a dire NO a Bonino è il fatto che è una stimabile leader politica, ha fatto bene in Europa, ma è tutto tranne che un probabile "presidente di tutti". Bonino non ha mai respirato senza prima chiedere il permesso a Pannella. E Pannella è uno dei più faziosi personaggi che abbiano calcato le scene della politica. Niente a che vedere col profilo di un "Presidente di tutti".
Inoltre, non ho mai perdonato all'accoppiata Pannella/Bonino la colpa di aver trattato gli italiani (che peraltro se lo meritano) da incolti analfabeti istituzionali, per aver varato una costosissima campagna TV (Emma Bonino for President). Una campagna "consumer", costata otto miliardi di lire. Un imbroglio, perchè non sono le casalinghe di Voghera che eleggono il Presidente della Repubblica, come è noto.
Una campagna surrettizia a favore del partito radicale, veicolata truffaldinamente come una campagna per "Emma Presidente". Il Partito Radicale con quegli otto miliardi di lire ha di fatto comprato un 8% di menti fragili, ha raccattato qualche posto in parlamento, per coprire i debiti ha dovuto vendere le preziose frequenze di Radio Radicale Due. L'effetto è durato una legislatura. Alla successiva tornata elettorale, i radicali sono tornati al loro fisiologico livello dello zerovirgola. Un affare fantastico.
Tafanus