Scrivevo fitto e stretto, per farci stare tutte le parole.
Polpastrelli sporchi di blu sfilacciato e dito medio che pulsava sul callo che ancora oggi ne lambisce il contorno.
Fogli sottili che pesassero poco per corrispondenza di carta che valeva moltissimo, trasferendo via biro perfino quella foscoliana d'amorosi sensi.
E busta gialla. Da riempire a filo, da girare e comporre con l'ultima stanca grafia, identificabile, decifrabile, impermeabile.
Leccare, pressare e via.
Oggi gestisco duplicità.
Un @ e un click da una parte, pelle morbida e spazio angusto dall'altra.
L'unica carta che imbusto è quella di credito, sottile e che le parole a fine mese me le leva, e i polpastrelli sono puliti, anche se comunque duri, ma incazzati, per la sfiancante tattile perlustrazione.
Tendo ad affrancare con stile, imbucare nel sedile dell'auto di destra e recapitare sotto braccio all'aperitivo in piazza sulla sinistra.
Evito buche e bypasso postini.
Immagini da:
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