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Malvino, so che questo non è un jukebox, ma non riesco a non esprimere il vero desiderio di leggere un suo commento sull’ultima uscita dell’amico Adinolfi, a commento della foto che ritrae i due padri che in Canada prendono in braccio la “loro” bambina in sala parto. Davvero, non lo dico riferendomi alla sicura ironia che quel nome genera, ma realmente rispetto all’immagine in sé di fronte alla quale non riesco a sentirmi su una posizione che mi appaia chiara e in questi casi le sue direzioni sono spesso d’aiuto. Lo chiedo a lei perché medico, perché espositore chiaro quando il tema è quello, perché padre, perché non cattolico e solo alla fine perché abile ironico quando di Adinolfi si tratta. Per dire che quell’ultima parte può anche non esserci, la mia è davvero la richiesta di una possibile direzione, perché quella foto mi lascia in una condizione sospesa che non mi capita spesso e per questo non le chiedo una lettura della foto ma del perché possa lasciare sospesi, cosa di quella foto impedisce o rende difficile una lettura unica e sicura. Il nodo è la questione del primo contatto di pelle che quella foto racconta. Non riesco a dirlo giusto ma non so perché, essendo intimamente sicuro di non essere a rischio di qualsiasi forma di omofobia. Parlo proprio di simbiosi biologica corpo madre-corpo figlio.
È davvero solo un problema etico?
Bruno A mio modesto avviso, lei si fa troppi scrupoli: “condizione sospesa” è una carineria, dica “disagio”, ché non fa differenza. Ora, nel pormi la questione, lei implicitamente mi chiede se io senta un analogo “disagio”, dando per scontato ch’io non possa non sentirlo, salvo congrua spiegazione del perché non lo senta. In pratica, dà per assodato che la foto debba provocarlo, e per ragioni autoevidenti, mentre è il fatto che non lo provochi a rendere necessaria una spiegazione. Superfluo chiedersi il perché: la situazione ritratta nella foto le sembra più o meno palesemente “innaturale”. E qui, consenta, siamo alle solite: siamo al cosa sia “natura”, se una realtà che sta prima e sopra l’essere umano o la particolare idea che si coltiva di sé, degli altri e delle cose tutte, idea che, pur lentamente, è soggetta a ineluttabili cambiamenti, spesso con veri e propri salti. E non c’è dubbio che, a considerare la riproduzione umana in tutti i suoi aspetti come qualcosa che sta prima e dopo l’uomo, la foto può provocare un certo disagio. “Un certo disagio”, perché in fondo il neonato è per metà dell’uomo che commosso lo stringe al seno. Di fatto, egli è un padre. E allora cos’è che rende la foto “innaturale”? È il fatto che la donna che ha partorito quel neonato è l’altro genitore biologico, ma qualcosa ci informa che non sarà lei ad allevarlo: al suo posto ci sarà il compagno del padre biologico. È condizione che in “natura” avviene non di rado, ma qui scatena l’ampia gamma di reazioni che va dalla perplessità allo sgomento, e la “simbiosi biologica corpo madre-corpo figlio”, come la chiama lei, diventa l’immagine di un principio che qui pare violato. Prim’ancora di rimarcare che questa “simbiosi” cessa con la recisione del cordone ombelicale, c’è da ribadire che paternità e maternità sono “anche” questione biologica, ma questa non le esaurisce, né esse cadono al cadere di quella. È che col matrimonio sta accadendo quello che è avvenuto col patrimonio: il termine comincia a includere altri modi di essere marito e moglie, padre e madre. Turba, mi rendo conto, ma è impossibile far resistenza, se non nella speranza di frenare un po’, per quel che può tornare di rassicurante nell’illudersi di impedirlo, invece che a pensare come dargli adeguato quadro normativo. E per adeguato non intendo atto a renderlo tollerabile, ma ragionevolmente accettabile. Per questo come per altro, siamo alla resa dei conti - tanto più drammatica perché tocca i fondamentali - tra il creaturale e il culturale, e il primo sembra spacciato. A posteriori, la stagione delle “guerre culturali” attorno alle“questioni non negoziabili” era il colpo di coda di un animale che già agonizzava. Mancherà solo a chi piace polemizzare per polemizzare.
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